Lo scorso 24 maggio la Commissione europea ha emanato la raccomandazione sul programma nazionale di riforma italiano del 2023. Le raccomandazioni per l’Italia si sono concentrate, similmente a quelle del 2022, sui seguenti aspetti: politiche di bilancio, PNRR, transizione verde e digitale.
Rispetto all’anno scorso, la Commissione indica un obiettivo quantitativo per la politica di bilancio: limitare a non più dell’1,3 per cento l’aumento nominale della spesa primaria netta finanziata a livello nazionale nel 2024. Con la prospettiva della disattivazione della clausola di salvaguardia generale del patto di stabilità e applicazione delle regole europee di bilancio – per quanto probabilmente riformate entro la fine del 2023 – l’Italia dovrà tornare a rispettare in pieno gli obiettivi stabiliti in sede UE. Qualora il prossimo inverno si dovesse registrare un nuovo aumento dei prezzi dell’energia, la Commissione suggerisce di concentrarsi su incentivi finanziariamente sostenibili a sostegno delle famiglie e delle imprese più vulnerabili e sugli incentivi al risparmio energetico. Le ipotesi di crescita su cui si basa la Commissione restano ottimiste, in quanto si prevede una crescita del PIL reale dell’1 per cento nel 2023 e dell’1,5 per cento nel 2024.
Sulla stessa lunghezza d’onda si muove il Fondo Monetario Internazionale, secondo cui, in un quadro in cui il rapporto debito pubblico/PIL è diminuito e i prestiti in sofferenza sono rimasti bassi, l’Italia deve cogliere l’occasione di accantonare la maggior parte delle entrate impreviste, adottando un piano credibile di riduzione del debito a medio termine, sostenuto da misure specifiche. L’obiettivo è quello di attenuare i rischi legati al debito, portando a una rapida riduzione del rapporto debito/PIL e sostenendo la crescita potenziale.
Per quanto riguarda, invece, il medio periodo, la Commissione guarda alla crescita sostenibile e al miglioramento della produttività, quest’ultima uno degli aspetti più problematici per l’economia del nostro paese. L’aumento della produttività è, infatti, essenziale in un contesto demografico sempre più difficile, al fine di tutelare la tenuta del welfare. Resta, inoltre, essenziale la spesa delle risorse del PNRR e delle politiche di coesione, queste ultime spesso poco considerate nella discussione in corso sulla capacità di spesa dei fondi europei. È nell’interesse di tutti che i fondi europei siano spesi tutti e bene. Come ha ricordato il commissario Gentiloni, considerata la dimensione del piano italiano, un successo del PNRR in Italia sarebbe un successo per l’Europa intera, dimostrando che l’esperimento temporaneo del Next Generation EU potrebbe, in futuro, diventare permanente, facendo tesoro degli elementi positivi e delle criticità. Al momento il Governo italiano appare in difficoltà proprio sul PNRR. Da un lato, proprio in queste settimane sono emerse difficoltà legate ad alcuni progetti, che sembrano poco realistici. L’Italia deve curare un dialogo pragmatico con la Commissione, la quale chiede, giustamente, che le modifiche non comportino un calo dell’ambizione dei progetti. Dall’altro, occorre evitare di montare polemiche e fare operazioni sensazionalistiche ma dai risvolti pratici poco utili, quali quella sulle competenze tra MEF e Palazzo Chigi e quella sul ruolo della Corte dei Conti. Anche dall’opposizione serve un atteggiamento di maturità: non attaccare aprioristicamente qualsiasi mossa del governo e sostenere il Paese nelle modifiche puntuali laddove si rendano necessarie su progetti che tutti abbiamo a cuore, dagli asili nido, alla sanità territoriale, agli alloggi universitari. Infine, sul lato fiscale, la Commissione raccomanda di lavorare a una riforma del fisco che preservi il carattere di progressività del sistema italiano, come sancito anche dalla Costituzione.
Su tutto ciò il Governo dovrà dare prova di unità, questione su cui è lecito sollevare alcuni dubbi. Per quanto Fratelli d’Italia si sia ritagliato il ruolo di partito responsabile, europeista e di Governo, nonostante le aspettative della campagna elettorale, su ogni singola questione dovrà essere in grado di tenere a bada gli alleati minori, Lega e Forza Italia, che potrebbero far mancare il proprio sostegno in momenti delicati, e dovranno saper guardare oltre alcuni settori che tradizionalmente sostengono il partito ora guidato da Giorgia Meloni. È infatti innegabile che, per realizzare quanto indicato dalla Commissione, progetti come la flat tax e l’autonomia differenziata e bacini elettorali poco aperti alla concorrenza e alla crescita poco aiutano a muoversi nella direzione auspicata. Per il bene del Paese, speriamo prevalga la responsabilità.