In questi giorni risuona quanto mai attuale la famosa frase di Churchill, rivolta alla classe politica britannica: «Potevano scegliere tra il disonore e la guerra, hanno scelto il disonore e avranno la guerra». Dopo mesi in cui la stampa italiana ed europea evidenziava l’avvicinamento tra Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen – fatto che è costato alla premier italiana un ulteriore scavalcamento a destra da parte della Lega di Matteo Salvini, che minacciava di porre un veto a ogni questione delicata per gli interessi nazionali che il governo italiano avrebbe affrontato – la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha deciso di dare indicazione di voto contrario alla delegazione italiana di Ecr per la riconferma della presidente della Commissione.
Se il voto contrario alla nuova Commissione fosse stato deciso e annunciato con largo anticipo, e in una strategia coerente fin da subito, probabilmente il gruppo Ecr non avrebbe perso la componente di Vox, a favore del nuovo gruppo sovranista di Salvini e Le Pen.
Invece, il gruppo Ecr si è spaccato, con una impavida dichiarazione di voto da parte del luogotenente meloniano in Europa, Procaccini, che ha lasciato il “liberi tutti”, salvo poi comunque compattarsi sul voto contrario alla fine. Dal punto di vista del rapporto tra l’Italia e l’Unione europea, questo episodio andrà a complicare le cose. Giorgia Meloni, infatti, scommette che riuscirà a influenzare la Commissione tramite i veti posti in qualità di capo del governo in seno agli organi intergovernativi, più che attraverso le dinamiche del parlamento europeo, nel quale, a questo punto, le forze Ecr saranno irrilevanti. Questo modo di ragionare, tra l’altro, è coerente con l’idea di Europa intergovernativa e antifederalista che Fratelli d’Italia ha sempre avuto.
Tuttavia, la Presidente del Consiglio deve tenere in conto che se l’alleato leghista è temporaneamente soddisfatto, problemi potrebbero sorgere da Forza Italia, che invece ha convintamente sostenuto Ursula von der Leyen. Con il tacito avallo del Quirinale, che anche nei complicati anni del Governo Conte ha tenuto saldi i rapporti dell’Italia con le istituzioni europee, FI potrebbe spingere il governo a non porre alcun veto nelle fasi più delicate in cui servirà l’unanimità, come quando si parlerà di riforma dei trattati. Insomma, per Giorgia Meloni il momento della verità è rinviato: se oggi riesce a tenere insieme il gruppo a Strasburgo e il governo in Italia, al sorgere delle prime difficoltà dovrà scegliere definitivamente se comportarsi da capo di partito o da capo di governo di uno dei paesi fondatori.
Meloni indica il no su von der Leyen. Come può comportarsi adesso in Ue?