Questa domenica per “Le Grandi Interviste” ho avuto il piacere d’intervistare il Senatore Andrea Ferrazzi. Senatore democratico e grande esperto di transizione ecologica. Prima di entrare nel vivo dell’intervista una mini bio del Senatore Ferrazzi. Buona lettura!
Andrea Ferrazzi è Senatore della Repubblica eletto nel collegio Veneto 01 e Capogruppo per il Partito Democratico in Commissione Ambiente e Territorio, nonché Vicepresidente della Commissione bicamerale d’inchiesta sul fenomeno delle Ecomafie. E’ stato Vicepresidente della Provincia e Assessore all’Urbanistica e alla Formazione del Comune di Venezia. Già Responsabile nazionale Anci per Urbanistica, Rigenerazione urbana, Edilizia. Impegnato nell’associazionismo culturale e sociale nazionale e internazionale, si è occupato anche dei temi della cultura, della rigenerazione urbana e della valorizzazione del patrimonio immobiliare.
Il governo appena nato ha già lanciato dei segnali importanti di attenzione verso il tema della transizione ecologica. Quali sono e perché sono importanti?
Il Presidente Draghi nel discorso alle Camere relativo alla fiducia, ha usato tre parole chiave: atlantismo, europeismo, ambiente. Tre parole che definiscono una linea programmatica chiara e un campo culturale e politico di riferimento netto, esplicitando la contrarietà alla politica sovranista e la necessità di una politica multilaterale, che stringe alleanze strategiche con i paesi cultori del principio della democrazia liberale, che vede nelle politiche per l’ambiente un elemento centrale. Europa e ambiente sono i cardini di questo governo: non ci può essere futuro dell’Europa senza politiche ambientali coraggiose e viceversa, non ci possono essere politiche efficaci in campo ambientale senza una vera integrazione europea. Questo l’hanno capito molto bene i nostri giovani che sono il presente e soprattutto il futuro dell’Unione. È tempo e ora che lo capiamo anche noi.
Perché è importante prevedere un ministero ad hoc per la transizione ecologica? Che aspettative ha su Roberto Cingolani?
Il Ministero per la transizione ecologica è fondamentale perché quando parliamo di ambiente non intendiamo un approccio settoriale legato semplicemente alla tutela e alla salvaguardia della natura, ma un approccio integrato capace di cogliere il fatto che la sostenibilità ambientale deve andare di pari passo con la sostenibilità sociale e con la sostenibilità economica. Da questo punto di vista dunque la tutela dell’ambiente non è solo una responsabilità etica ma è anche una opportunità di crescita economica qualitativa. Solo chi investe nella transizione produce utili e lavoro per il futuro.
Quali sono le sfide più urgenti che ci arriveranno dall’UE nei prossimi mesi? Cosa dovrà fare il governo italiano per raccoglierle?
La grande sfida dell’Unione europea è quella di guidare un processo di transizione ecologica in modo da raggiungere l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni nette clima alteranti entro il 2050 e contemporaneamente trasformare il nostro sistema produttivo industriale. Tutto ciò non è una passeggiata, come dimostrano le resistenze dei paesi dell’est e le manifestazioni anche violente dei gilet gialli contro le politiche ecologiste del governo francese. La transizione va guidata sapendo che affinché ci sia sostenibilità sociale vanno governati i processi di mutamento del paradigma produttivo e vanno sostenute le fasce sociali e i territori che da questa trasformazione vengono messi in difficoltà. Serve dunque una solidarietà europea capace di comprendere che solo una politica integrata verso la transizione ecologica sarà in grado di creare il differenziale competitivo e la necessaria qualità della vita per i nostri cittadini.
Al di fuori dell’UE, quali strumenti avrà il nuovo governo per rafforzare l’agenda globale sulla transizione ecologica?
Il Governo ha molte leve a propria disposizione. Certamente dovrà rivedere il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) per renderlo conforme alle nuove disposizioni dell’Unione europea che prevedono una diminuzione dei gas climalteranti del 55% entro il 2030. Si tratta poi di operare concretamente per un piano industriale che spinga e sostenga la transizione delle fonti energetiche. Pensiamo all’idrogeno, pensiamo all’eolico, al solare, In generale a tutte le forme di produzione di energia pulita.
Cosa sta facendo e cosa potrà fare il parlamento italiano a favore della transizione ecologica?
Il Parlamento deve essere conseguente alle enunciazioni di principio. Per esempio se sosteniamo la necessità di energia pulita, la procedura autorizzatoria deve essere semplificata e velocizzata. Un gran lavoro va fatto sull’efficientamento energetico degli edifici, che causano un extra costo di alcune decine di miliardi all’anno e consistenti emissioni nocive in atmosfera. È inoltre non più procrastinabile una modifica normativa che veda centrale la Rigenerazione urbana, questione sulla quale stiamo lavorando in parlamento sulla base di un mio disegno di legge.