Questa domenica per “Le Grandi Interviste” ho avuto il piacere d’intervistare Assunta Carmela Messina. Prima di entrare nel vivo dell’intervista una mini bio della Senatrce e Sottosegretaria Messina. Buona lettura!
Assunta Carmela Messina, per gli amici Assuntela, è una giovane Senatrice della Repubblica, figlia di una radicata e stimata famiglia democristiana di Barletta, fondatrice del PD e Presidente regionale del Partito in Puglia, oggi Sottosegretaria alla Innovazione Tecnologica e alla Transizione Digitale, presso il Ministero guidato da Vittorio Colao.
Per me, per il nostro portale, e sono certa per tutti coloro che ci seguono, è una grande gioia averti con noi, poterti intervistare.
Assuntela che sentimenti provi nel dover affrontare forse la più grande sfida del nostro tempo?
Il sentimento prevalente non può che essere quello dell’entusiasmo nella RESPONSABILITÀ. Ne parlo come di un sentimento perché è un atto della coscienza che lega indissolubilmente il mio sentire all’impegno che viene mi chiesto. Hai ragione quando parli della transizione digitale come della più grande sfida del nostro tempo. Si tratta di un processo di trasformazione trasversale che coinvolge la società e i cittadini in ogni aspetto della vita economica, culturale, organizzativa e sociale. Poter dare un contributo a questo decisivo passaggio è certamente motivo di orgoglio, grande entusiasmo e, come detto, responsabilità. Perché dal buon esito della transizione digitale dipende lo sviluppo del nostro Paese nei prossimi decenni e la definizione-costruzione di prospettive certe per le generazioni più giovani. Nella consapevolezza di dover attraversare questo tempo, attuando una rivisitazione profonda dei nostri vissuti, delle nostre abitudini, delle nostre relazioni. Anche questa nuova declinazione nel presente, rappresenta una grande, interessante sfida che coniuga operatività e chiarezza degli indirizzi e delle scelte da assumere.
Ma in concreto cosa pensate di fare?
La trasformazione digitale della società è in realtà un processo già in atto.
La missione è quella di ammodernare l’intero sistema Paese, a partire dal miglioramento delle competenze digitali delle persone, fino all’adeguamento del settore pubblico con il supporto della digitalizzazione dei servizi per le imprese e i cittadini, accompagnando lo sviluppo tecnologico e la transizione digitale dell’industria e del tessuto imprenditoriale. È chiaro che se vogliamo non solo recuperare terreno rispetto agli altri Paesi, ma anche essere leader nei settori produttivi, nell’occupazione di qualità e negli standard di vita, dobbiamo porci traguardi ambiziosi e far sì che l’Italia sia tra i Paesi più vicini a realizzare già nel 2026 la visione del Digital Compass, annunciata dalla Commissione europea e che ha come obiettivo il raggiungimento di una digitalizzazione pressoché piena entro il 2030.
Tutto ciò deve comunque svolgersi in un contesto di riduzione dei gravi divari, sociali e territoriali oltre che digitali, esistenti nel Paese. La digitalizzazione è la strada per cogliere enormi opportunità di sviluppo e ha un’intrinseca orizzontalità. Non possiamo permetterci che diventi un ulteriore motivo di esclusione. È una sfida che non riguarda solo l’efficienza, la semplificazione, la prossimità tra il cittadino e lo Stato, ma che deve puntare all’eliminazione del DIGITAL DIVIDE. Se non rendessimo disponibile a tutti l’accesso alla tecnologia e alla rete, metteremmo in discussione l’esercizio dei DIRITTI.
Le strategie per la digitalizzazione devono mettere l’INCLUSIONE di tutti al centro. E’ un’occasione preziosa e necessaria per promuovere l’inclusione sociale di molte categorie che sono spesso state lasciate indietro, soprattutto dove il digital gap è maggiormente sofferto.
In questo senso è fondamentale l’utilizzo del programma NextGeneration Eu che prevede una fetta consistente di fondi per l’innovazione e la digitalizzazione. Ci puoi fare qualche esempio di progetti inseriti nel Piano proposto dall’Italia?
Ovviamente la capacità di sfruttare a pieno il NextGeneration EU è condizione necessaria per far sì che il Paese possa effettivamente compiere questo grande passo. I progetti davvero dirimenti in questo senso sono senz’altro quelli che attengono alla realizzazione delle infrastrutture digitali e all’uso e interoperabilità dei dati.
Il completamento del piano Banda ultra larga sarà il vero crocevia, perché solo tramite la realizzazione delle reti potremo creare la condizione essenziale per la digitalizzazione della società sull’intero territorio nazionale: la connettività ad alte prestazioni. Al contempo, sarà fondamentale adeguare la nostra P.A., in termini di competenze, infrastrutture e tecnologie.
L’implementazione del cloud, ad esempio, è una imperdibile occasione per migliorare la qualità dei servizi erogati ai cittadini e alle imprese, ridurre in maniera significativa i costi, contribuire ad aumentare l’efficienza energetica, anche nell’ottica della sostenibilità ambientale, implementare i servizi digitali innovativi e incrementare significativamente la SICUREZZA rispetto alle insidie digitali.
La transizione digitale richiede uno sforzo significativo di ammodernamento della cybersecurity nazionale che protegga sia le persone che le infrastrutture e che, sul piano geostrategico, collochi l’Italia chiaramente nel quadro Europeo e Atlantico. La Commissione europea ha già riconosciuto l’enorme importanza strategica del controllo delle infrastrutture digitali e dei dati.
In linea con questo proposito è fondamentale che il nostro approccio al cloud computing promuova e sostenga lo sviluppo di un mercato europeo e che l’Italia si inserisca da protagonista. Tutto ciò, ovviamente, implica un cambio di paradigma non indifferente, poiché richiede l’adozione di strategie per rendere più sicure e resilienti le reti e i sistemi informativi del Paese. Il nostro Paese sarà pertanto dotato di un’infrastruttura di eccellenza, il Polo Strategico Nazionale.
Transizione digitale e transizione ecologica sono le grandi sfide del nostro tempo ma se non facciamo un’imponente opera di formazione non avremo i profili giusti per vivere queste sfide…cosa ne pensi?
La transizione digitale e la transizione ecologica segnano il realizzarsi di un nuovo mondo. Saranno i pilastri su cui fondare lo sviluppo culturale ed economico del futuro. In quest’ottica, il tema della formazione e dell’investimento sulle nuove competenze è una sfida centrale per dare concretezza a queste trasformazioni. L’aspetto umano, in particolare delle competenze appunto e della preparazione, è a mio avviso ancora più importante di quello hard, dei software, delle tecnologie e delle applicazioni. Per questo è necessario portare il nostro Paese ad un livello nettamente più elevato di formazione scientifica e digitale.
Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza puntiamo fortemente sul capitale umano, perché nessuna transizione, di nessun tipo, funziona se non si parte dalle persone e dall’investimento nelle competenze di tutti e dei giovani in particolare. Basti pensare a quanto è previsto per l’implementazione degli ITS e della formazione professionalizzante. Servono figure competenti che sappiano dare seguito a questi progetti e garantirne la sostenibilità in futuro. Un importante sforzo sociale e culturale che vada incontro e il più possibile risolva il delinearsi di nuove problematiche nazionali come il “cognitive divide”
Senatrice, tu sei una donna del sud, ritieni che vi sia il rischio che i forti interessi del nord possano accaparrarsi una parte consistente dei 200 miliardi del Piano di ripresa e di resilienza? E se fosse così, cosa si può fare per scongiurare questo rischio?
Preferirei parlare più di opportunità che di rischi. Lo sviluppo del Mezzogiorno è un fattore indispensabile per la crescita dell’intero Paese.
Le risorse del NextGen Eu rappresentano un’occasione perfetta per impostare una strategia di sviluppo equo e sostenibile; ciò non può che passare per un forte programma di investimenti per il Sud, come peraltro espressamente richiesto dall’Unione Europea. Stiamo combattendo da mesi per far sì che una parte maggiore delle risorse vada a finanziare le esigenze del meridione, con il chiaro obiettivo di ridurre gli ormai intollerabili divari esistenti dal punto di vista non solo infrastrutturale, ma anche sociale ed economico.
Quella del Mezzogiorno è innanzitutto una questione di uguaglianza nell’accesso alle opportunità e nell’esercizio dei diritti. Sarebbe economicamente penalizzante e socialmente inaccettabile se realtà produttive che operano in alcune zone del nostro Paese, non potessero accedere alle opportunità di automazione e remotizzazione che le tecnologie consentono.
Diseguaglianze e divari territoriali non sono accettabili. Ammodernare le infrastrutture per la connettività si configura come un dovere per lo Stato, chiamato dall’ Art. 3 della Costituzione ad assicurare uguale accesso alle opportunità e ad offrire a tutti i cittadini e a tutti i territori le medesime condizioni di partenza. Lo sforzo per migliorare il percorso digitale e’ una leva fondamentale per dare concretezza al mandato costituzionale di realizzazione del principio di uguaglianza.
La connettività va intesa come un diritto ed è un presupposto necessario per realizzare avanzamento di vaste aree produttive, creative, sociali – penso alle zone periferiche e ai distretti industriali, alle aree rurali interne e , non da ultimo alle isole, che meritano scelte politiche che consentano loro di esprimersi al meglio alla luce di una più strutturata coesione e omogeneità territoriale.
Grazie Assuntela, da donna, da donna del sud, da giovane e grintosa esponente del nuovo Governo, che messaggio conclusivo vuole mandare ai nostri lettori?
La storia ci insegna quanto, per alcuni versi, l’innovazione tecnologica possa anche essere subita, nel solco dell’idea erronea di un progresso che metta l’uomo ai margini della società economica e produttiva di un Paese.
Io credo che l’innovazione sia invece un’opportunità, una straordinaria occasione di riflessione e proposta per ogni sfumatura del vivere comune. Ad una condizione inderogabile: che il fattore umano sia guida e centro dei processi di transizione e trasformazione. Solo e soltanto l’essere umano, con la sua sensibilità ed empatia, con la sua coscienza ed intelligenza, con la capacità di discernimento, abbia l’abilità e la saggezza per dirigere questi processi verso orizzonti di benessere eguale e diffuso.
Per questo, occorre accompagnare e sostenere queste sfide con un approccio umanistico: un nuovo umanesimo che lavori sul tema delle tecnologie tenendo fermi e saldi i diritti umani. La chiave è nei nostri valori e nei nostri principi: la lotta alle diseguaglianze, la parità di genere, l’equilibrio e l’armonia sociale. Senza lasciare indietro nessuno, in un sistema di “connessioni” che rispetti la dignità di ciascuno. Partendo dalle “periferie”, luoghi di attese e di sentimenti, che meritano la tenace attenzione del nostro impegno in nome di una cittadinanza digitale, sana, solidale, inclusiva. E che interpreti e rinnovi il valore della fraternità alla luce di un tempo nuovo da attraversare e vivere insieme.