Papa Pacelli incontrandolo giovinetto nel 1946 pronosticò felicemente: “Questo Colombo volerà” e poche settimane dopo avvenne la sua prima elezione tra i costituenti con 21.000 preferenze a Potenza.
Mi riferisco a Emilio Colombo di cui in questi giorni si pubblica una importante mostra a Potenza con riflessione pubblica come è giusto e doveroso nei confronti di uno dei grandi padri della Repubblica e figlio della nostra regione.
Deputato alla Costituente, parlamentare, sindaco, sottosegretario all’agricoltura, sette volte ministro, presidente del Consiglio dei Ministri, presidente del Parlamento europeo e senatore a vita.
Il suo cursus honorum è stato così vasto e alto, dalla fine della guerra fino al nuovo secolo, che di fatto può dirsi il racconto di mezzo secolo di Repubblica.
I suoi tratti distintivi, l’eleganza, la gentilezza, la facilità di rapporto con chiunque (era facile vederlo parlare con contadini lucani che lo avevano conosciuto giovanissimo), l’oratoria ragionata, la capacità di capire e spesso anticipare e controllare i processi politici, il radicamento territoriale ne fecero da subito un leader indiscusso e popolare. Ma fu la sua capacità di visione che lo rese uno statista.
Non appartenni alla sua forza politica ma non posso accettare che scenda l’oblio su chi ha interpretato la politica con P maiuscola e sostenuto con coerenza il disegno europeista.
Gli smemorati non hanno futuro.