Non è un mistero che sulla identità della Unione europea vi sono due ben diverse interpretazioni.
La prima, coerente con lo spirito che animò i Padri Fondatori, e cuore delle battaglie che David Sassoli ha fatto con noi in questi anni, ritiene che la Unione sia una comunità di destino a cui chi aderisce, in piena e assoluta libertà, condivide valori e principi di fondo, primi tra i quali la democrazia, il pluralismo della informazione, lo stato di diritto.
La seconda, coltivata da forze euroscettiche e minimalistiche, tende a considerare l’Unione uno stare insieme per interessi e convenienze, una sommatoria intergovernativa che si ritrova a prescindere da principi e valori comuni, purché vi sia un tornaconto nazionale.
Questo contrasto ha rallentato il processo di integrazione e creato disillusione in tanti cittadini che credono che vi siano valori europei e beni europei da difendere e tutelare.
Credo che sia giunto il momento di fare chiarezza, di superare le ipocrisie.
Non è questione astratta: se un governo appartenente alla UE come quello ungherese o polacco infrange il principio europeo della libertà della informazione e della autonomia della magistratura, può rimanere nella Ue, peraltro beneficiando in modo cospicuo dei suoi fondi?
Su questo punto dilazionare il chiarimento o peggio ancora chiudere gli occhi e lasciar fare, significherebbe tagliare le radici su cui l’unione è stata fondata.
Anche per tenere vivo e concreto il pensiero del grande David!