Belfagor è un nom de plume, di dichiarato sapore ereticale, scelto da alcuni amici del portale per esternare note e commenti fuori dalla ritualità e stimolare riflessioni spregiudicate e coraggiose sullo stato e le prospettive della politica italiana.
Chissà cosa penserebbe oggi Luigi Russo, Direttore della Normale Scuola Superiore di Pisa, che nel lontano 1946 battezzò Belfagor la rivista di varia umanità cui furono chiamati a collaborare nel tempo intellettuali “eretici” come Armando Saitta, Luigi Salvemini, Norberto Bobbio, Gianfranco Contini, Pietro Calamandrei e molti altri, spinti esclusivamente dal desiderio di proporre una lettura non conformista della realtà.
“Le scintille di Belfagor” sono un punto d’incontro per condividere osservazioni, studi e commenti sulla realtà che stiamo vivendo e sulle istanze che ne provengono, nato da una coscienza civica feconda e molto attenta.
Esternazioni libere ed anche provocatorie, che ovviamente non impegnano il titolare responsabile del portale. Buona lettura!
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È da qualche giorno che sullo scenario europeo tiene banco, oltre il tema della pandemia e dei vaccini, l’episodio controverso del vertice Unione europea-Turchia svoltosi ad Ankara. Episodio inqualificabile per l’importanza dei temi che venivano trattati (ripresa delle relazioni politiche e Convenzione di Istanbul sulla violenza alle donne) e per come assurdamente si sono svolti i fatti. Una vera e propria commedia degli errori.
Assente sulla scena un protagonista fantasma: il cerimoniale. Questo sconosciuto che, mai come in questo caso, avrebbe segnato la differenza. Per chi pensa che “la forma è sostanza” vale la pena di ricordare che non c’è relazione fra Stati, Istituzioni, Organismi nazionali ed internazionali, che non si avvalga di questo preziosissimo strumento di dialogo fra realtà culturalmente e politicamente affini o diverse. Cerimoniale tanto più indispensabile in questo caso in cui si apriva la porta ad un riavvicinamento (cooperazione, come ha avuto modo di dire ieri Draghi in conferenza stampa).
Suscita quindi una certa perplessità constatare che nessuno dei protagonisti di questa cerimonia sia stato adeguatamente assistito dai rispettivi protocolli ufficiali. Non lo è stato Erdogan, che, essendo il padrone di casa, non si è degnato di essere minimamente cortese nei confronti delle Istituzioni Europee e di una signora come la Von der Leyen.
Privo di solidarietà verso la sua “collega” e del necessario savoir-faire il Presidente del Consiglio Europeo, più preoccupato di compiacere il Presidente turco che di alleggerire e di ristabilire un rispettoso equilibrio fra le parti.
Ancor più carente il cerimoniale europeo per nulla informato sui dettagli dello svolgimento del summit (ingiustificabile l’ignoranza della presenza in sala di solo due poltrone d’onore).
Non c’è da stupirsi che, di fronte a questo “pasticcio” di forma e sostanza, l’unica figura che ne esce a testa alta, con la classe che il suo ruolo le impone, è l’umiliata signora Von der Leyen, che ha fatto buon viso a cattivo gioco, e, senza disorientarsi ,si è posta dignitosamente ben al di sopra degli astanti e ancor di più ha confermato il suo ruolo politico, togliendo tutti dall’imbarazzo che un cerimoniale accorto avrebbe potuto evitare.