Belfagor è un nom de plume, di dichiarato sapore ereticale, scelto da alcuni amici del portale per esternare note e commenti fuori dalla ritualità e stimolare riflessioni spregiudicate e coraggiose sullo stato e le prospettive della politica italiana.
Chissà cosa penserebbe oggi Luigi Russo, Direttore della Normale Scuola Superiore di Pisa, che nel lontano 1946 battezzò Belfagor la rivista di varia umanità cui furono chiamati a collaborare nel tempo intellettuali “eretici” come Armando Saitta, Luigi Salvemini, Norberto Bobbio, Gianfranco Contini, Pietro Calamandrei e molti altri, spinti esclusivamente dal desiderio di proporre una lettura non conformista della realtà.
“Le scintille di Belfagor” sono un punto d’incontro per condividere osservazioni, studi e commenti sulla realtà che stiamo vivendo e sulle istanze che ne provengono, nato da una coscienza civica feconda e molto attenta.
Esternazioni libere ed anche provocatorie, che ovviamente non impegnano il titolare responsabile del portale. Buona lettura!
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Rieccolo! Ci si chiedeva se e quanto a lungo si sarebbe tenuto al largo dall’agone politico, dopo quasi tre anni vissuti al vertice della vita politica e istituzionale e, soprattutto, sotto i fari permanentemente accesi delle telecamere. E invece, persino in anticipo sulla Pasqua di Resurrezione, l’ex premier è prontamente tornato in pista.
L’attesa era più che giustificata perché la legislatura più pazza della storia parlamentare italiana ha il suo protagonista assoluto proprio in lui, Giuseppe Conte,avvocato e giurista , selezionato per guidare quell’autentico ircocervo che è stato il governo gialloverde.
Il suo fulminante successo ha del prodigioso. Indubbiamente è stato sottovalutato dai due dioscuri Salvini e Di Maio, che pensavano davvero di poterlo impiegare a tavola come segnaposto. E invece l’ineffabile Giuseppi (copyright Trump) li ha messi tutti nel suo taschino con immancabile pochette! Prima ha liquidato l’ingombrante leader della Lega, approfittando della sua sbronza estiva sulla riviera romagnola. Poi si è impadronito del Movimento, diventando a furor di popolo il leader dei 5 Stelle.
Non senza aver realizzato un altro inarrivabile capolavoro: quello di aver ammaliato la sinistra-sinistra meritandosi quell’aureola di punto di riferimento imprescindibile dello schieramento progressista italiano (copyright Zingaretti) invano agognata dai Prodi e dai Veltroni.
Certo fa una certa impressione, guardare oggi i leader storici della sinistra che fu, in gramaglie da vedove inconsolabili del Conte premier.
Attenzione, non è finita! Il gran ciambellano di Giuseppi, Goffredo Bettini, non demorde e annuncia la creazione di una corrente di sostegno alla futura premiership di Conte, con adesioni alquanto autorevoli (da Tronti alla Urbinati). C’è da augurarsi sinceramente che Enrico Letta, forte della sua antica scuola prodiana, non ci caschi e non demorda dall’obiettivo di un rapporto più competitivo con i pentastellati, a cominciare dalla rivendicazione della primazia nell’alleanza.
Ma intanto l’ “avvocato del popolo” (autocopyright) ha compiuto un altro miracolo: ha rapito il cuore persino ad un incantatore di serpenti come Beppe Grillo che lo ha proiettato subito alla testa del futuristico Movimento Italia 2050, ha lavorato in questi mesi con laboriosa, si direbbe avvocatesca, sapienza.
Bisogna riconoscere che la missione affidata al Nostro è di quelle che più temeraria non si potrebbe e non basteranno i virtuosismi dialettici di cui si compiace per ridare identità e coesione a quella maionese impazzita che è oggi il M5S, stabilizzarne la collocazione parlamentare e internazionale, ridisegnarne profilo culturale e organizzativo, definire una volta per tutte la dinamica di formazione e selezione dei gruppi dirigenti.
Naturalmente, Conte prefigura un partito normalizzato, emancipato dall’ortodossia demagogica dell’”uno vale uno”, lontano dalla virulenza del linguaggio delle origini, rigenerato nei principi e negli assetti organizzativi; ma schiva accuratamente le scelte più difficili e controverse, a cominciare dalla piattaforma Rousseau e dalla regola dei due mandati che, se applicata, decapiterebbe tutte le prime file del Movimento. Insomma, tutto il condensato del “contismo”, dalla retorica delle parole omnibus (onestà, coraggio, etica pubblica, giustizia sociale, e via elencando), con quell’approccio neodemocristiano che punta a tenere larghi i confini dell’appartenenza e ad allungare a dismisura i tempi della cosiddetta rifondazione.
Vedremo presto se e come questa incredibile operazione di lifting politico potrà prendere forma. Per intanto, passando sopra la sacertà delle deliberazioni tramite il voto online, ma direttamente investito dall’alto (appunto, dall’Elevato), avanza sul proscenio della politica nazionale questo leader nuovo, fresco di rasatura, pettinato e profumato, con foggia e andatura impeccabili. Leader nuovo, nuovissimo, anzi no, antico, intramontabile, un Andreotti redivivo: insomma uno che pensa che il ruolo di un leader non consiste nell’illuminare e guidare i propri elettori e sostenitori, ma piuttosto nel sedurli assomigliandogli.
Ma guai a sottovalutarlo un’altra volta. L’avvocato di Volturara Appula potrebbe sorprenderci ancora.