Il chiarimento e la spaccatura di questi ultimi giorni fra la nuova leadership dei Cinque Stelle e Casaleggio marca una svolta esistenziale per il Movimento fondato da Grillo.
Negli anni scorsi abbiamo assistito a numerose fratture, ad allontanamenti e divisioni ma questa volta l’uscita di Casaleggio tocca il cuore del movimento e certifica il cambiamento strutturale di quella formazione.
Rousseau, col suo software di partecipazione diretta, non nasce infatti come un semplice strumento di marketing. Esso voleva essere lo strumento attraverso il quale rifondare la democrazia. Abbasso (o forse addirittura a morte) i partiti con le loro regole novecentesche e viva la semplicità del clic della democrazia diretta. Basta con la politica professionale e si alla politica fatta “in diretta” dai cittadini: questa era la suggestione di Rousseau. Una suggestione affascinante ma che tuttavia è naufragata clamorosamente come dimostrano i fatti di questi giorni.
La democrazia diretta del software si è infatti rivelata non meno opaca di quella dei vituperati partiti e le lotte intestine grilline sono di certo non meno pugnaci e violenti del correntismo della Prima Repubblica tanto che alla fine per sbrogliare il nodo delle lotti interne è servita addirittura la magistratura.
Il fallimento del “direttismo” grillino porta con se un insegnamento di cui dovremmo tutti fare tesoro: quando ci si occupa di decisioni collettive -e questa è la politica- non sono possibili scorciatoie rispetto alla complessità di processi decisionali lunghi, difficili. Non esiste un clic salvifico ma servono decisioni informate, contrastate e mediate. E per gestire questa complessità, l’esperienza non è un handicap.
Ma la sconfitta del direttismo non parla solo alle macerie del grillismo ma anche a ciò che resta (pochissimo) dei partiti organizzati. Se il messaggio di semplificazione e di distruzione dei Cinque Stelle è stato così seducente agli occhi di molti elettori è stato anche perché i partiti politici tradizionali non hanno saputo rinnovarsi negli ultimi decenni. Rinnovamento difficile da farsi ma spesso si ha l’impressione che molti neanche ci abbiano provato.
Allora, invece di stare seduti ad osservare il cadavere politico di Rousseau che passa nel fiume turbolento della politica italiana, ciò che viene richiesto a noi tutti è uno sforzo di coraggio e di immaginazione per ricostruire una ossatura anche minima di forze organizzate. Altrimenti, c’è il rischio che il vuoto lasciato dall’illusione grillina della democrazia diretta venga riempito da forme anche più rabbiose di protesta antipartitica.
———
Belfagor è un nom de plume, di dichiarato sapore ereticale, scelto da alcuni amici del portale per esternare note e commenti fuori dalla ritualità e stimolare riflessioni spregiudicate e coraggiose sullo stato e le prospettive della politica italiana. Chissà cosa penserebbe oggi Luigi Russo, Direttore della Normale Scuola Superiore di Pisa, che nel lontano 1946 battezzò Belfagor la rivista di varia umanità cui furono chiamati a collaborare nel tempo intellettuali “eretici” come Armando Saitta, Luigi Salvemini, Norberto Bobbio, Gianfranco Contini, Pietro Calamandrei e molti altri, spinti esclusivamente dal desiderio di proporre una lettura non conformista della realtà.
“Le scintille di Belfagor” sono un punto d’incontro per condividere osservazioni, studi e commenti sulla realtà che stiamo vivendo e sulle istanze che ne provengono, nato da una coscienza civica feconda e molto attenta.
Esternazioni libere ed anche provocatorie, che ovviamente non impegnano il titolare responsabile del portale.