Per quanto continui ad agitarsi come un ossesso, per quanto resti il più insonne dei twittaroli, per quanto si produca nella grottesca ginnastica quotidiana di una Lega di governo e di lotta … per quanto …. per quanto …. Matteo Salvini resta il leader più inquieto e più inconcludente del panorama politico nazionale.
E’ vero che certe ascese folgoranti sono inevitabilmente destinate ad evaporare più o meno rapidamente (l’altro Matteo docet!). Ma, quando il Nostro ha provato ad arrestare il décalage, nell’estate folle del Papeete, si è infilato in un tunnel dal quale non riesce ad uscire.
E’ rientrato in gioco sotto la spinta dei Giorgetti e degli Zaia prendendo al volo il treno del governo di unità nazionale, ma ha lasciato alla sua partner e competitor Giorgia Meloni l’intero campo della opposizione ed ora appare visibilmente scosso dall’inarrestabile trend ascensionale di Fratelli d’Italia che gli rosicchia mezzo punto al mese nel rating dei sondaggi più accreditati.
E allora, dopo averle inutilmente invocate per due anni, ora è tornato a perorare la richiesta di elezioni anticipate. Lo fa in maniera più subdola, vestendo i panni del grande elettore di Mario Draghi al Quirinale e, dunque, immaginando di porre fine all’esperienza dell’attuale governo agli inizi del 2022 e di spianare in tal modo la strada delle urne, prima che il campo del centrosinistra si ricomponga e magari si allarghi e, soprattutto, prima che l’irresistibile rincorsa della Meloni si traduca in un definitivo sorpasso ai suoi danni.
Ha voglia Salvini di fare il catenaccio bloccando le riforme e rinviandole alla prossima legislatura. In realtà, anche questa volta gli fa difetto la lucidità in quanto è sin troppo chiaro che la prospettiva dello scioglimento anticipato delle Camere non ha una maggioranza in Parlamento e, dunque, anche se Draghi dovesse lasciare Palazzo Chigi per traslocare al colle più alto, questa legislatura conoscerebbe comunque un altro governo fino al 2023.
Salvini se ne faccia una ragione, le sue intemerate e le sue minacce non impressionano nessuno. Non hanno smosso un novellino della politica come Giuseppe Conte, figurarsi che effetto possono avere su un gigante come Mario Draghi!
———
Belfagor è un nom de plume, di dichiarato sapore ereticale, scelto da alcuni amici del portale per esternare note e commenti fuori dalla ritualità e stimolare riflessioni spregiudicate e coraggiose sullo stato e le prospettive della politica italiana. Chissà cosa penserebbe oggi Luigi Russo, Direttore della Normale Scuola Superiore di Pisa, che nel lontano 1946 battezzò Belfagor la rivista di varia umanità cui furono chiamati a collaborare nel tempo intellettuali “eretici” come Armando Saitta, Luigi Salvemini, Norberto Bobbio, Gianfranco Contini, Pietro Calamandrei e molti altri, spinti esclusivamente dal desiderio di proporre una lettura non conformista della realtà.
“Le scintille di Belfagor” sono un punto d’incontro per condividere osservazioni, studi e commenti sulla realtà che stiamo vivendo e sulle istanze che ne provengono, nato da una coscienza civica feconda e molto attenta.
Esternazioni libere ed anche provocatorie, che ovviamente non impegnano il titolare responsabile del portale.