Il conflitto israelo-palestinese è deflagrato con tutta la sua violenza e la portata di morte. È guerra. Di nuovo. Ancora.
Possibile che a questo conflitto non ci sia una soluzione politica, che non si possa trovare, raggiungere, una via d’uscita pacifica?
Analizzando gli anni di terrore e di scontri che hanno lasciato sul terreno migliaia di vittime, è evidente che il conflitto sia a un tale grado di estremismo, a un tale livello di odio, che un processo di pace credibile sembra sempre più lontano.
E a pagare sono i civili, israeliani e palestinesi.
Sembra che il conflitto, per entrambi i fronti, sia un’arma troppo utile, troppo ghiotta perché possa essere lasciata a riposo troppo a lungo. Era la risorsa preferita in passato, oggi è quella di punta di Hamas che trova sponda in un governo israeliano incapace di separare le azioni terroristiche dalla volontà democratica e sacrosanta di chi cerca solo di difendere le proprie case, come le decine di famiglie che nel quartiere a forte prevalenza araba di Sheikh Jarrah, dove vive una folta comunità di palestinesi, sono sotto minaccia di sfratto dopo l’acquisto delle case da parte di un gruppo di destra ebraico.
Una complicata vicenda legale che poggia sui passaggi dei terreni e delle proprietà nel corso dell’ultimo secolo e su cui la Corte Suprema di Israele è stata chiamata a decidere la prossima settimana. La speranza è che una decisione equa possa favorire una de-escalation del nuovo conflitto.
Ma accadrà? La giustizia israeliana avrà la forza di compiere questo passo? E i palestinesi accetteranno di buon grado una decisione seppur non del tutto rispondente alle loro richieste?
Al momento tale possibilità appare come un miraggio utopistico.
Il cuore del problema è la leadership politica, di entrambi i fronti. Arroccata su posizioni ideologiche, interessate solo al potere, incapaci di costruire un percorso di pace reale.
A noi non resta che sostenere l’appello della Tavola della pace, Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace e i Diritti Umani, Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” e Cattedra Unesco “Diritti Umani, Democrazia e Pace” dell’Università di Padova, a garantire il rispetto del diritto internazionale dei diritti umani, la legalità internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite.
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Belfagor è un nom de plume, di dichiarato sapore ereticale, scelto da alcuni amici del portale per esternare note e commenti fuori dalla ritualità e stimolare riflessioni spregiudicate e coraggiose sullo stato e le prospettive della politica italiana. Chissà cosa penserebbe oggi Luigi Russo, Direttore della Normale Scuola Superiore di Pisa, che nel lontano 1946 battezzò Belfagor la rivista di varia umanità cui furono chiamati a collaborare nel tempo intellettuali “eretici” come Armando Saitta, Luigi Salvemini, Norberto Bobbio, Gianfranco Contini, Pietro Calamandrei e molti altri, spinti esclusivamente dal desiderio di proporre una lettura non conformista della realtà.
“Le scintille di Belfagor” sono un punto d’incontro per condividere osservazioni, studi e commenti sulla realtà che stiamo vivendo e sulle istanze che ne provengono, nato da una coscienza civica feconda e molto attenta.
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