La vicenda che sta destabilizzando la procura di Milano, come quella descritta nel libro di Palamara, non sta rivelando nulla che già non sapessimo, e cioè che la giustizia italiana è molto malata. E non solo come azienda, che troppo spesso produce malagiustizia, per i suoi ritardi ed errori, ma anche come potere. Un potere che si autoassegna i compiti, che si impone al Parlamento con diktat e divieti in ordine alle riforme da fare, che interpreta insomma l’indipendenza come una chiave che legittima un espansionismo non culturale, ma politico dell’ordine giudiziario. Il libro del Giudice Palamara ha spiegato e giustificato pratiche che nessuna società ben ordinata puo accettare, parlando di mercato delle toghe, di condizionamento dell’esito dei processi attraverso nomine dei capi uffici ”GIUSTI”, di un sistematico disprezzo dei meriti quando bisogna procedere a eque lottizzazioni correntizie. Questo catalogo delle devianze funzionali al mantenimento del sistema in qualche misura si ripropone nella vicenda del conflitto verificatosi nella procura di Milano. Si litiga sulla gestione di un’inchiesta relativa alla presunta esistenza di una organizzazione segreta destinata a replicare le gesta del passato. E’ un piatto ricco per gli investigatori e tutti ci si vogliono ficcare anche per l’esposizione mediatica che consente.
Cui prodest ciò? Chi si vuole proteggere, chi si vuole colpire? Si tratta di un’azione di dossieraggio con tanti Corvi che volano sui palazzi di giustizia e dintorni. Uno stato di diritto che deve vivere sul primato della legge può consentirsi ciò?
Si può dare torto all’Ue quando ammonisce l’Italia che una a giustizia cosi dissestata costituisce una minaccia per l’intera Europa?
I magistrati devono avere il coraggio e l’umiltà di ripensare lo strumento di autogoverno.
Non può tardare oltre una radicale riforma del CSM.
Belfagor è un nom de plume, di dichiarato sapore ereticale, scelto da alcuni amici del portale per esternare note e commenti fuori dalla ritualità e stimolare riflessioni spregiudicate e coraggiose sullo stato e le prospettive della politica italiana. Chissà cosa penserebbe oggi Luigi Russo, Direttore della Normale Scuola Superiore di Pisa, che nel lontano 1946 battezzò Belfagor la rivista di varia umanità cui furono chiamati a collaborare nel tempo intellettuali “eretici” come Armando Saitta, Luigi Salvemini, Norberto Bobbio, Gianfranco Contini, Pietro Calamandrei e molti altri, spinti esclusivamente dal desiderio di proporre una lettura non conformista della realtà.
“Le scintille di Belfagor” sono un punto d’incontro per condividere osservazioni, studi e commenti sulla realtà che stiamo vivendo e sulle istanze che ne provengono, nato da una coscienza civica feconda e molto attenta.
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