Poche parole per introdurre la mia rubrica “Basilicata. La storia, la politica, il suo popolo”.
Ritengo che la conoscenza sia una grande risorsa, come anche un’ottima opportunità di crescita, e sono convinta che entrare nelle radici profonde di un territorio, specialmente in quelle del proprio territorio, sia un’esperienza che richiede tempo, sacrificio e dedizione per crescere con consapevolezza.
E’ un po’ come ricostruire l’albero genealogico della propria famiglia perché, in fondo, la Basilicata è una grande famiglia.
La mia rubrica rappresenta il mio impegno per i lettori lucani e non, per questo mi auguro che siate invogliati a leggere le storie che vi propongo con la stessa forza che mi caratterizza e mi induce a divulgare quanto più possibile la bellezza delle radici a cui appartengo. Raccoglierò le testimonianze di quanti hanno concorso a realizzare il quadro politico e la storia della Basilicata, utilizzando al meglio le potenzialità del territorio.
Buona lettura!
Rosita Stella Brienza
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Parlare con Anna Maria Riviello è per me un grande onore. Lo è soprattutto adesso, dopo aver avuto modo di conoscerla e ascoltarla. Per questo, a lei che è stata la prima Consigliera regionale del PCI, ho chiesto in una pre-intervista qual è lo sforzo che le donne lucane dovrebbero fare per essere più partecipi alla vita politica e, dunque, essere più rappresentate.
E lei mi ha risposto così:
“Cara Rosita,
non è difficile rispondere a questa tua domanda.
In primo luogo le donne e, soprattutto le giovani, devono credere nelle loro potenzialità e insieme imparare a essere unite e riconoscere il merito delle altre quando c’è.
Noi donne siamo brave a portare conforto, ma quando si tratta di riconoscere il merito in un’altra dobbiamo ancora imparare a farlo.
I maschi nella nostra regione detengono ancora tutto il potere, ma nessuno potrà impedire più alle donne di contare di più se lo vorranno.
Il Potere non va demonizzato, ma usato per fare per gli altri e, in questo, noi donne siamo bravissime”.
Concedendo a me stessa, in primis, e poi a voi lettori di interpretare ed eventualmente fare propri gli insegnamenti di Anna Maria Riviello, non mi dilungo ancora e lascio agli occhi di chi legge l’avvincente storia sulla vita politica di una donna magnifica.
La sua esperienza a servizio della Basilicata è maturata attraverso un percorso formativo che le ha consentito di entrare gradualmente sulla scena politica lucana. Quali sono stati i momenti salienti della sua formazione politica e come ha contribuito con il suo impegno allo sviluppo del territorio lucano?
La mia formazione politica ha avuto fasi molto diverse. Dopo l’adolescenza sono andata a Roma per l’Università e poi a Bologna perché mi ero sposata. In questa città mi ero avvicinata al movimento studentesco e ai gruppi politici extraparlamentari ma senza una partecipazione attiva perché erano nate le mie bambine. In seguito, oltre a terminare gli studi, scoprii il movimento femminista.
C’era in me il ricordo di una persona straordinaria, amica del mio fratello poeta , era Pietro Valenza, allora segretario del PCI di Basilicata. A me, chiusa in un bozzolo ristretto di relativa agiatezza, raccontava un’altra Lucania.
Lo avevo però lasciato alle spalle e mi ero occupata del nascente femminismo.
Quando avvenne il suo primo ritorno in Basilicata, cosa ritrovò e come si organizzò politicamente sul territorio?
Tornata in Basilicata agli inizi degli anni Settanta, mi resi conto che quello che avevo cominciato a capire sulla condizione femminile non poteva essere utilizzato nel modo dei piccoli gruppi, in questa realtà.
Con Emilia Simonetti e Rosanna Marcodoppido e un gruppo consistente di donne fondammo l’UDI (Unione donne italiane) anzi lo rifondammo perché c’era stato un Udi regionale troppo dipendente dal PCI e gli demmo un profilo autonomo. A me ancora non bastava, mi iscrissi a quel partito che mi sembrava quello che poteva rimediare al dramma della miseria, della emigrazione di massa e anche al rinnovamento di un clima di conformismo soffocante.
Questa parte era per me un punto sensibile. Cultura diffusa, almeno a Potenza, era quella della Democrazia Cristiana e questa mi sembrava diffondere perbenismo e chiusura mentale, forse esageravo come si fa da giovani ma non del tutto. Non posso nascondere che accanto all’esigenza di maggior giustizia sociale era forte in me il bisogno di un cambiamento culturale.
Com’è avvenuta concretamente la sua partecipazione alla vita di partito e quindi, poi, la sua adesione allo sviluppo della politica del territorio a favore delle donne?
Mi dedicai completamente al Partito. In seguito per due legislature anni fui eletta in Consiglio regionale. Naturalmente, rimasi sempre in contatto con il mondo femminile che si stava organizzando e riuscimmo a incidere su alcuni aspetti della legislazione regionale con una legge sul parto umanizzato e l’istituzione della commissione regionale di pari opportunità tra uomo e donna. Altre cose avrei desiderato ed ho chiesto. Una sanità meno ospedalizzata e più territoriale, il superamento della struttura del Don Uva, nella sua qualità di manicomio e la cura dei disabili senza chiusure, ma naturalmente la mia collocazione all’opposizione limitava molto le mie possibilità.
Con la caduta della Prima Repubblica, lo scenario politico lucano è cambiato. Cosa succede nella sua vita in quegli anni?
La fine della Prima Repubblica, coincise con un mio spostamento a Roma nella sede nazionale di Botteghe Oscure che a sua volta chiuderà i battenti di lì a poco.
Ma intanto, se non sentimentalmente, politicamente mi ero allontanata dalla politica lucana.
E adesso, che è ritornata in Basilicata, qual è il suo impegno?
Tornando ormai anziana, ancora una volta in Basilicata le condizioni politiche erano del tutto mutate. Per la prima volta era al governo la destra. Il PD era stato punito dagli elettori perché era apparso e forse era diventato un sistema di potere.
Mi sono ritirata a scrivere brevi e meno brevi saggi e ho scelto ancora una volta un luogo di donne la Libera Università, per tentare di introdurre anche per questa via per quello che la mia età mi consente elementi di equità sociale e sviluppo dei diritti e rispetto e valorizzazione delle energie femminili. Queste ultime assai sprecate a causa della disoccupazione di moltissime che al contrario sarebbero essenziali per lo sviluppo della regione.
Sul piano politico, quali personaggi lucani hanno tentato l’impossibile per realizzare cambiamenti e migliorare le condizioni economiche e sociali in Basilicata?
Mi si chiede quali personaggi politici abbiano impegnato sé stessi per il miglioramento della società lucana. A partire da Colombo potrei citarne molti, ricostruendo meriti ma anche limiti e responsabilità per non essere riusciti a costruire una relazione tra élite politica e società civile capace di superare il rapporto di subordinazione di quest’ultima. Vincenzo Verrastro, primo Presidente della Regione Basilicata, lamenta nei suoi diari con toccante sincerità di aver favorito il clientelismo per aiutare povera gente, ma anche per favorire il suo partito.
Il processo di modernizzazione andava avanti e le campagne si svuotavano per una intensa emigrazione. Nelle nostre piccole città nasceva un nuovo ceto medio e un relativo benessere. Le figure di donne che si sono impegnate per il miglioramento della regione non sono tantissime, ma ci sono state. Voglio ricordare per tutte, Ester Scardaccione che da Presidente della Commissione Pari opportunità molto si è battuta per difendere le donne che erano e per la fortissima disoccupazione femminile sono ancora molto svantaggiate.
Come valuta il livello della politica dei tempi e cosa propone per recuperare il romanticismo della politica e il contatto con le persone?
Mi si chiede dei partiti politici e di come è cambiata la politica lucana. I partiti, soprattutto i grandi sono stati l’architrave su cui è stata costruita la democrazia nel nostro Paese. La stessa Costituzione ne riconosceva la funzione. Con gli anni, a mio parere, il craxismo è stato in questo senso esemplare, da costruttori di democrazia erano arrivati ad essere sostitutivi dello Stato e delle sue funzioni.
Si giunse a Tangentopoli e tutto cambiò…
I partiti furono sottoposti a un rapido mutamento, scomparvero nella forma che aveva segnato la Prima Repubblica. Non è il caso qui di ricordare l’evoluzione del sistema politico nel suo insieme, ma certo molto si è perduto e se certe forme sono impossibili da ricostruire, sarà necessario smettere di considerare la politica un campo di battaglia e un territorio per fare carriera. Non c’è salvezza per i nostri giovani, per le persone in difficoltà per la dignità del lavoro, per salvare tutti i principi scritti nella nostra Costituzione se non c’è un profondo rinnovamento della politica.
Da Trump, per fortuna ex Presidente USA, al più modesto esponente di partito anche nella nostra regione non c’è politico che non usi i social per comunicare direttamente con i seguaci, riducendo i cittadini al rango di supporter.
Non sono in preda ad una profonda nostalgia del passato, luci e ombre ci sono sempre state, ma sono preoccupata perché i cosiddetti politici sono diventati una “casta” nella mente dei cittadini sia da noi che in tutto il Paese.
Secondo lei cosa serve oggi alla Basilicata per superare la emergenza e costruire un futuro migliore?
Per un mondo attraversato da pesanti disuguaglianze, per un Mezzogiorno e per una Basilicata, in cui il lavoro per i giovani è una specie di chimera e che tornano a emigrare questa volta con la laurea in tasca, non c’è speranza di riscatto se la politica non torni ad essere un esercizio di responsabilità e impegno e non si rinnovi un patto di fiducia tra la politica e una società, non più subalterna ma attiva e partecipe.