Poche parole per introdurre la mia rubrica “Basilicata. La storia, la politica, il suo popolo”.
Ritengo che la conoscenza sia una grande risorsa, come anche un’ottima opportunità di crescita, e sono convinta che entrare nelle radici profonde di un territorio, specialmente in quelle del proprio territorio, sia un’esperienza che richiede tempo, sacrificio e dedizione per crescere con consapevolezza.
E’ un po’ come ricostruire l’albero genealogico della propria famiglia perché, in fondo, la Basilicata è una grande famiglia.
La mia rubrica rappresenta il mio impegno per i lettori lucani e non, per questo mi auguro che siate invogliati a leggere le storie che vi propongo con la stessa forza che mi caratterizza e mi induce a divulgare quanto più possibile la bellezza delle radici a cui appartengo. Raccoglierò le testimonianze di quanti hanno concorso a realizzare il quadro politico e la storia della Basilicata, utilizzando al meglio le potenzialità del territorio.
Buona lettura!
Rosita Stella Brienza
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Un incontro perfetto si sente sulla pelle quando le parole si sommano ai fatti raccolti per strada, tra la gente. La polvere copre un soprabito, ma senza aspettare troppo a lungo bisogna avere il coraggio di scrollarsi quella polvere di dosso perché tanto non serve a niente. Ricominciare è il monito di Rocco Vita, prendendo esempio da Pasolini che non si stancava mai di salire in macchina e girare l’Italia, noi la regione, per vederla e per conoscere luoghi e persone. Rocco Vita è un medico e un politico con uno sguardo pungente che spinge i lucani a lavorare per migliorarsi e vivere al meglio una realtà difficile come la nostra, spesso definita Sud al cubo. Ed è così.
La sua esperienza a servizio della Basilicata è maturata attraverso un percorso formativo che le ha consentito di entrare gradualmente sulla scena politica lucana. Quali sono stati i momenti salienti della sua formazione e come ha contribuito con il suo impegno allo sviluppo e alla crescita del territorio lucano?
Provengo da una famiglia socialista, con un padre partigiano e dirigente della sezione Psi di Satriano, dove sono nato, comune con amministrazione socialista per un decennio, dal1970 al 1980, quando nell’area egemoniche erano la Dc e il Pci. Fino a 35 anni non ho avuto nessuna esperienza diretta in politica, svolgendo a tempo pieno la mia professione di medico di base ed ospedaliero.
Certamente momenti fondamentali di formazione, per rispondere alla sua domanda, sono stati i luoghi della politica ed in particolare i Congressi degli anni 80. Come dimenticare gli interventi di Martelli, Ruffolo e dei tanti generali all’epoca di nome e di fatto: tanta l’emozione nel riflettere su parole, frasi, pensieri, scelte di campo finalizzate al bene del paese. E poi le Feste dell’Avanti che non erano solo momenti di socializzazione ma anche e, soprattutto, momenti di crescita.
Altri tempi, altre storie, in altri luoghi e con altri personaggi, diceva Hugo Pratt, ma senza lasciarsi andare al melanconico e non veritiero canto del cigno, è bene sottolineare la caratura dei personaggi e la diversità del contesto, semplicemente più trasparente e pronto ad accogliere innovazioni e idee non obsolete. Nel 1985 eletto consigliere comunale a Satriano ho ricoperto l’incarico di vice presidente della Comunità Montana del Melandro in una giunta di csx.
Erano gli anni in cui Satriano e Picerno diventarono importante riferimento socialista nella Valle del Melandro. Nel 1990 eletto consigliere provinciale con il simbolo del Psi, simbolo con il quale nel 2010 sono stato eletto in Consiglio Regionale (lo ricordo particolarmente perché per la prima volta, dopo il 1992, succedeva in Italia che venisse eletto un consigliere regionale con il “ritrovato” Psi).
Venti anni ricchi di avvenimenti, di transazioni politiche, di cambi di casacca, anche in Basilicata.
Dopo tangentopoli il “vecchio Partito socialista”, anche da noi,conobbe la diaspora. Alcuni aderirono ai Laburisti di Valdo Spini e tra questi Gianni Pittella ed il sottoscritto, altri aderirono a Rinnovamento di Dini a Forza Italia pur “mantenendo il cuore socialista “.
Eletto alla Regione per la prima volta nel 1995 con i Laburisti e dove ininterrottamente sono stato fino al 2013 quando vi è stata, come è noto, una interruzione traumatica della IX legislatura.
Nei tanti anni fra l’altro due esperienze nella giunta regionale all’attività produttiva (VII leg) ed alle infrastrutture (VIII leg) ed una esperienza nazionale come responsabile della Consulta degli amministratori locali del Psi. Ma anche momenti di scelte.
Con molti dubbi e qualche resistenza nell’entrare nei Ds. Resistenza superata quando ci fu la decisione a livello nazionale dei laburisti di aderire, in ossequio alla criticità che diviene lealtà quando ci sono decisioni presi in organismi in cui ci si riconosce. E nessun dubbio nel 2007, ma adesione convinta al Psi quando si annunciò la Costituente Socialista lasciando i Ds e mai aderendo al Pd.
Ha mai spiegato le ragioni di una scelta così decisa?
In una lettera all’allora segretario regionale dei Ds, Piero Lacorazza, ne spiegai le ragioni: “Il contesto politico nazionale così confuso, lo scenario regionale non certo dei migliori e che, per la prima volta, ci deve preoccupare per l’evidente rottura che ormai è tangibile fra la politica (se esiste ancora) e il cittadino, ma anche la mia sofferta convinzione, ancor più confermata dai recenti accadimenti, che l’Ulivo non c’è mai stato nella testa degli uomini dell’ex Pci e dell’ex Dc unitamente alla consapevolezza che ognuno di noi è a un bivio ed ha dinanzi a se’ una nuova scelta per la contestuale apertura di nuovi ed interessanti cantieri, insieme alla mia mai celata passione giovanile, mi induce a fare una scelta “.
Tanti dubbi, tanti bivi, ma anche in quegli anni tanti piacevoli ricordi, in modo particolare l’attività di consigliere e l’attività nelle diverse commissioni all’epoca vere palestre formative….
Tra le attività del gruppo dei laburisti c’era anche quella giornalistica. E’ vero che avevate un giornale le cui copie sono ben custodite?
Erano i tempi del giornale del gruppo dal titolo in apparenza e forse non solo in apparenza, criptico: “Vidya”, in effetti preso dall’hindi, come spiegato nell’editoriale del primo numero, e che vuol dire conoscenza, quella conoscenza scaturita dalla volontà di apprendere per contribuire a mutare la realtà in senso per davvero riformista.
Giornale del gruppo laburista, di cui facevano parte anche Maria Antezza e Rocco Colangelo, uscito con costanza bimestrale nell’arco dei cinque anni, grazie alla preziosa collaborazione di Domenico Toriello e Mimi Santarsiero.
Oggi le copie sono custodite presso la Biblioteca Nazionale con l’aggiunta degli speciali, ad esempio quello concernente il primo Report sul “Petrolio in Basilicata “ o l’altro sugli “Stati Uniti d’Europa” o l’altro ancora sul modello del nostro “Sistema Sanitario” richiamando l’attenzione sulla medicina territoriale che già allora vacillava in seguito all’Aziendalizzazione (Usl-Asl) della Sanità.
Tanti i provvedimenti legislativi, soprattutto nel sociale, nella cultura e nello sport. Cosa ricorda in modo particolare?
In particolare, anche per i risultati positivi, ricordo la legge sulla Terza Età, sulla Tutela sanitaria delle attività sportive (modello x tante regioni), la legge regionale sullo sport e la continua attenzione alla Pinacoteca “d’Errico “di Palazzo San Gervasio ed alla Grande Lucania etc.
E come dimenticare le battaglie per portare in aula il dibattito sulle carceri lucane dopo averle visitate insieme ai colleghi della Commissione mettendo in evidenza le tante carenze e suggerendo immediati interventi.
Tanti e tutti provvedimenti utili a mantenere coesa la nostra Comunità, precondizione necessaria per poter incidere con maggiore efficacia sul suo sviluppo.
Con la caduta della Prima Repubblica lo scenario politico lucano è cambiato. Cosa rimpiange di quegli anni?
Più che rimpianti, tanta rabbia anche perché al posto di un “ordine” un sistema politico, e non solo politico, andato in crisi non è nato un altro ordine sistemico e sistematico pur con le dovute varianti che lo abbia rimpiazzato. Del resto, ancora oggi siamo in un permanente cantiere senza certezze in cui il nuovo che avanza e non si compie aggiunge solo ulteriore confusione nella nostra società favorendo ancor di più la subalternità della politica a poteri economici, governo dei giudici, partitini personali e piccole oligarchie. Questa lunga transizione istituzionale, la più lunga che un Paese in Occidente abbia mai sperimentato a cui anche in questi giorni stiamo assistendo, è coincisa con il decollo della globalizzazione con le sue accentuate disuguaglianze e ingiustizie e sta avvenendo proprio in un momento in cui ci sarebbe stato più bisogno di partiti veri e credibili a difesa dei più fragili e più deboli.
Il fatto dissacrante è che pare di assistere ad uno stesso film sia a livello nazionale che regionale e il fatto ancor più eclatante è che i protagonisti appartengono a forze politiche diverse, per non dire opposte. La pandemia ha aggravato la situazione economica e sociale, ma occorre sottolineare che già prima non eravamo messi bene. La stessa Basilicata, che negli anno ’90 conosceva bilanci se non floridi, positivi, si ritrova con un deficit, anche di idee e proposte, pauroso.
E allora quali sono i suoi suggerimenti?
E’ sin troppo facile dire e ridire che è la politica che manca, che sono venuti meno i partiti con la loro scuola e le loro linee guida. Non bisogna piangere sul latte versato e pensare a quello che non c’è più, occorre riflettere sui tanti errori commessi, sulle occasioni che pure si sono avute e che non sono state colte appieno, penso a Matera capitale europea della cultura 2019: tanto è stato fatto, ma tanto poteva essere costruito per dare una svolta reale al turismo, per citare un settore che dovrebbe essere per noi trainante, un turismo che ha bisogno, non solo, di memoria e tradizione, ma sempre di più di infrastrutture, collegamenti, luoghi di accoglienza, un turismo che ha bisogno di nuove teste, al di là del brigantaggio e di Carlo Levi con tanto di rispetto. E mi chiedo, a tale proposito, la Lucana Film Commission esiste ancora? E il circuito delle nevi? E la Basilicata delle tre o quattro M? Dico questo semplicemente perché non conosco altre iniziative per migliorare l’economia e l’attrattività della Basilicata.
Qual è stata la spinta che ha causato un cambiamento radicale dello scenario politico?
Non è la caduta della Prima Repubblica che ha causato un cambiamento dello scenario politico, il cambiamento in realtà era già in atto, tangentopoli lo ha accelerato sicuramente, ma le avvisaglie di un nuovo modo di intendere l’universo creato, di portare avanti il Palazzo e non le Piazze erano evidenti, e artefice di questo anche la nouvelle vague nata in quei partiti di cui si lamenta la scomparsa. Tanto ancora ci sarebbe da dire, ma potrebbe sembrare un parlare quasi per “partito” preso, e allora “limitiamoci” a pensare al domani, a quello che è urgente fare. Qualcuno diceva: poche cose ma concrete e una generazione di benpensanti nel vero senso della parola che deve uscire allo scoperto, abbattere i cancelli del pensiero comune e condivisi e perché no, ritrovarsi di nuovo in piazza.
Sul piano politico, quali personaggi hanno tentato l’impossibile per realizzare cambiamenti e migliorare le condizioni economiche e sociali in Basilicata?
Faccio fatica a rispondere a questa domanda perché mi sembra un po’ forzata. Tentare l’impossibile non è proprio nella nostra cultura di italiani, meridionali e lucani.
Le idee, le intelligenze di certo non sono mancate e vi sono ancor oggi, anche se troppo spesso recondite. E non è nemmeno il coraggio quello che manca, il fatto è che prevale sempre di più il patteggiamento, la rendita di posizione, il voler trovare a tutti i costi un’intesa, il non voler rompere, anche laddove la rottura sarebbe l’unica soluzione. Senza andare troppo a ritroso e parlare delle tante eccellenze tra i protagonisti dei primi vent’anni di Regione sono poche le eccezioni dagli anni 90 anche perché la fine dei partiti ha eliminato la selezione di gruppi dirigenti come era prevedibile.
Ma se dovesse fare un nome, quale sarebbe?
Non ricordo vere punte di diamante, ma a ben riflettere forse dopo il 1992 in Basilicata un ruolo importante l’ha avuto Antonio Luongo con la sua capacità di tenere insieme politica e istituzioni in un momento in cui tutto era in evoluzione. Lungimirante e politico in senso stretto, non avulso completamente al compromesso certamente, ma alla ricerca costante di nuove soluzioni. E non è un caso che è stato anche il periodo in cui si sono raggiunti risultati importanti. Mi piace ricordare il Piano di sviluppo della Basilicata, da allora non esistono impegni in tal senso, il Piano sanitario contestualmente al piano socio assistenziale, l’accordo a tre, il primo tra Governo Regione ed Eni, per l’estrazione petrolifera. Ma è stata una fase che già dopo Scanzano (2003) ha dimostrato i primi scricchiolii per poi avviarsi in una fase di non ritorno caratterizzato da incomprensioni, rigidità, percorsi autoreferenziali senza alcun elemento capace di tener tutti nello stesso recinto e su un progetto condiviso al di là delle appartenenze. Per il resto, una serie di burocrati, buoni burocrati eccellenti financo, ma non innovatori, non creatori di finanza e posti di lavoro, buoni esecutori di ordini, ottimi finalizzatori di scelte romane, ma non propositori di scelte lucane.
Non per diffondere scoramento, ma come valuta il livello della politica dei tempi attuali (in cui i social hanno soppiantato il modello “romantico” della comunicazione politica, quello classico, fatto di piccoli gesti come: attaccare i manifesti, aprire e chiudere le sezioni, il tesseramento) e cosa propone per recuperare il romanticismo della politica e, quindi, il contatto con le persone?
Una breve considerazione sui social: tutti, o in tanti, ne parlano male, però tutti, o in tanti, li usano. E’ un po’ come fare il solito riferimento alla stampa, quando non si è stati accorti, si è esagerato nelle dichiarazioni o bisogna cambiare posizione per sopravvenute esigenze, chi ha capito male sono i giornalisti. “Sono le solite illazioni della stampa”: è così che si usa dire, una frase ormai entrata nel linguaggio comune non solo dei politici.
I social rientrano a pieno titolo nell’evoluzione del tempo, sono parte integrante della new information, non possono essere aboliti, ma neanche ignorati. Il Romanticismo è un periodo storico che va ad inficiare tutti i settori della vita sociale ed economica. Oserei dire, senza timore di essere smentito, che è molto più di un orientamento culturale sorto quasi come protesta contro l’illuminismo che pure era stato il trionfo della ragione. Romanticismo come trasformazione della società con spirito costruttivo, rivincita della fantasia, del nuovo modo di essere e di vedere i colori della luce propria e anche riflessa.
Non so se esiste un modello romantico della comunicazione politica, quello che so è che esiste una comunicazione politica chiara che fa a pugni con quella ignifuga, insipiente e aleatoria. Poco importa se i manifesti sono cartacei e attaccati ai muri, tra l’altro sono sempre più sostituiti dai murales che durano e sono meno legati all’evento singolo, o diffusi attraverso i social, e di scarsa evidenza romantica è l’aprire la porta di una sezione dove prendere l’agognata tessera. Quelli indicati sono tutti elementi che avevano ragion d’essere perché nati, creati, supportati e promossi da un’ideologia ricca, varia, antagonista nel rispetto delle idee altrui, da una cultura che concepiva, Gaber insegna, la Libertà come partecipazione. Vogliamo provare a recuperare il romanticismo della politica? Bene, iniziamo con il capire, Gaber reinsegna che la propria Libertà finisce dove inizia quella degli altri. Anche nei tempi andati esistevano gli slogan, ma esistevano quelli che venivano dimenticati nel breve spazio di un giorno e quelli che hanno fatto la storia, e non credo di esagerare.
Lei non crede che i mezzi di comunicazione attuali possano incidere sulla decadenza politica?
Il problema della decadenza della politica non è assolutamente legata ai social, tanto meno il venir meno del romanticismo, che pure ha conosciuto i suoi momenti di profonda crisi di identità, ma alla mancanza di coerenza del pensiero, alla interruzione di quel filo di Arianna che teneva insieme intere generazioni anche dal punto di vista etico e estetico. La politica va fatta con i social, deve utilizzarli e non essere utilizzata. La politica è tale non per lo strumento che si usa, anch’esso importante e fondamentale per la diffusione del messaggio, bensì per i contenuti. Essa può essere romantica, illuminista, persino barocca senza esagerare, importante è che informi e comunichi, fondamentale è che costruisca, imprescindibile è che realizzi.
Cosa serve oggi alla Basilicata per superare le emergenze e costruire un futuro migliore…
Siamo in un contesto così confuso ed in permanente trasformazione, in perenne attesa di riferimenti culturali ideologici autorevoli e riconosciuti che per mia formazione auspico ritrovarsi in un nuovo Socialismo, un Socialismo umanitario e comunitario che lasci definitivamente alle spalle quella cultura classista, autoreferenziale e antagonista. In questo quadro la Basilicata per le sue peculiarità (piccola, pochi abitanti e altro) potrebbe essere avvantaggiata oggi da un sano civismo d’area (socialismo liberale) capace di dialogare con altre forme di civismo escludendo gli estremismi oggi riconoscibili nei populismi e sovranismi esasperati. Ci sono tante piccole nicchie in cui competenze, entusiasmo, determinazione e capacità di critica e di proposta non mancano. Il sapere interagire fra loro sarebbe il miglior presupposto per rapidamente ramificarsi e diffondersi e diventare senso comune. È un’idea che vedo sempre più radicata anche nelle regioni meridionali. Una occasione oggi la offre il nuovo e riconosciuto ruolo del Mezzogiorno (Mezzogiorno d’Europa nel Mediterraneo). Il futuro della Basilicata passa soprattutto attraverso la capacità delle Regioni del Mezzogiorno di saper dialogare, interagire e proporre progetti condivisi con i fondi europei tradizionali ed in questi giorni ancor di più con il Recovery Fund. La Basilicata più di altre parti d’Italia sta pagando l’emergenza e le tante criticità di un periodo quasi ineffabile nella sua percezione.
Ma la Basilicata era già in crisi. O forse i giovani scappano solo ora? Ovvero la disoccupazione, di certo aumentata, non esisteva? E altri settori trainanti, quali agricoltura, turismo, cultura non erano in crisi? E allora cosa occorre, cosa serve fare?
Mi si chiede cosa serve. Ebbene, penso che serva tagliare, avere il coraggio di tagliare il passato. Non in senso temporale, ma contenutistico. Utilizzare finalmente le risorse oggi più che mai è un dovere e non mi riferisco alle risorse evidenti, acqua, petrolio, mari e monti e così via, piuttosto penso alle risorse da creare e da ritrovare, senza far ricorso alla memoria che vale e tanto, ma dando pieno sfogo all’inventiva. C’è un intero vulcano da scoprire materialmente carpendone il magma e la potenza. L’uomo, il Lucano è capace di manipolare le risorse esistenti e nascoste? Vogliamo credere di sì, ci vuole volontà certamente non disgiunta dalla capacità di credere ed anche di “copiare” senza vergogna. Purtroppo, finché continuano ad avere la meglio i famigerati topi nella farina, che cercano di sfruttare tutto e subito la Basilicata non crescerà. Noi non abbiamo lasciato un bell’esempio, gli altri hanno appreso e subito la parte peggiore dell’eredità. E’ giunto il momento di fare come Pasolini, salire in macchina e girare, lui l’Italia, noi la regione, per vederla e per conoscere luoghi e persone. E’ proprio vero… non c’è nulla di nuovo.