Poche parole per introdurre la mia rubrica “Basilicata. La storia, la politica, il suo popolo”.
Ritengo che la conoscenza sia una grande risorsa, come anche un’ottima opportunità di crescita, e sono convinta che entrare nelle radici profonde di un territorio, specialmente in quelle del proprio territorio, sia un’esperienza che richiede tempo, sacrificio e dedizione per crescere con consapevolezza.
E’ un po’ come ricostruire l’albero genealogico della propria famiglia perché, in fondo, la Basilicata è una grande famiglia.
La mia rubrica rappresenta il mio impegno per i lettori lucani e non, per questo mi auguro che siate invogliati a leggere le storie che vi propongo con la stessa forza che mi caratterizza e mi induce a divulgare quanto più possibile la bellezza delle radici a cui appartengo. Raccoglierò le testimonianze di quanti hanno concorso a realizzare il quadro politico e la storia della Basilicata, utilizzando al meglio le potenzialità del territorio.
Buona lettura!
Rosita Stella Brienza
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Da questa intervista ho capito che per mettere a posto le cose bisogna impegnarsi in un processo di crescita, considerando che quanto più sará difficile, tanto più sarà meno rapido.
E’ inutile a dirsi, ma il tempo é sempre nobile destriero di insegnamenti e quanto più sarà lunga l’attesa, tanto più grande sarà l’insegnamento. Peppino Molinari, uomo generoso, pragmatico, amico di tanta gente é uno stupefacente narratore di storie e grazie alla sua capacità di relazione, mette a disposizione di tutti la sua conoscenza che è anche la sua grande ricchezza. Quel guizzo ironico e sfottente lo rende piacevole e gli permette di trasformare ogni pensiero in azione in un posto difficile, e allo stesso tempo magnifico, come lo è la Basilicata. A lui, tante cose belle proprio oggi, 27 marzo, giorno in cui è nato…!
La sua esperienza a servizio della Basilicata è maturata attraverso un percorso formativo che le ha consentito di entrare gradualmente sulla scena politica lucana. Quali sono stati i momenti salienti della sua formazione politica e come ha contribuito con il suo impegno allo sviluppo e alla crescita del territorio lucano?
Gli ambiti della mia prima fase formativa li sintetizzo con la frequentazione della parrocchia di San Rocco a Potenza, la mia famiglia, il liceo scientifico, estremamente politicizzato tanto che nacque il Gruppo studentesco come nuova presenza che aderiva autonomamente al movimento giovanile della Democrazia Cristiana.
Vivevamo un clima di contestazioni a livello studentesco e dunque negli anni Settanta non fu facile portare avanti i miei valori moderati: quelli cattolici.
Con il suo ingresso nel Movimento giovanile come cambia la sua vita?
Entrato nel movimento giovanile cominciai a frequentare i corsi di formazione alla Camilluccia, a Roma e a Taormina.
Poi, cominciai a frequentare i convegni nazionali.
Entrai nel movimento giovanile, sotto la guida di Marco Follini: delegato nazionale, e fui il responsabile per il Mezzogiorno.
Nel 1976 partecipai alla sua lezione a Bergamo, dove si tenne il congresso giovanile a cui partecipó Aldo Moro.
Quale fu la svolta del Movimentò giovanile di cui lei fu espressione?
Ricordo che portammo il movimento giovanile all’esterno e fu allora che partecipavamo a manifestazioni anche sindacali. Ricordo il simbolo di apertura: erano le bandiere bianche che sventolavano in Piazza Pagano a Potenza. E questo accadde anche quando Franco Marini venne sempre a Potenza a fare un comizio per la Cisl. Noi eravamo tutti presenti con le bandiere bianche.
La Festa dell’Amicizia vi ha aiutato a consolidare il movimento giovanile facendolo circolare nei luoghi pubblici esterni?
Portare il movimento giovanile all’esterno è stato un momento di grande apertura e senza dubbio le Feste dell’Amicizia ci hanno aiutato.
La prima festa in Basilicata la organizza io stesso ad Atella. Anche a Grumento Novo ci fu una grande festa a cui parteciparono grandi personaggi politici. Senza dimenticare quella di Bernalda. Ricordo che a Maratea ci eravamo organizzati con le tende piazzate sulla spiaggia. I momenti di aggregazione erano molto importanti perché ci sentivamo parte di una stessa squadra.
Ritiene che la sua formazione politica sia stata rafforzata dalla partecipazione alle elezioni che avvenivano in ambito scolastico?
Altro momento formativo di grande rilievo erano le elezioni dei decreti delegati del Ministro dell’istruzione Malfatti. Si trattava di vere e proprie elezioni a cui partecipavano non solo gli studenti, ma anche i genitori per eleggere nell’ambito scolastico i rappresentanti dei Consigli di Istituto e dei Consigli distrettuali. Era un momento formativo importantissimo di cui oggi rimane ben poco con la sopravvivenza dei soli Consigli di istituto.
Come e quando si caratterizza la sua formazione con l’affidamento dell’incarico della segreteria provinciale del partito?
Dal 1982 fino al 1994 mi hanno affidato la segreteria provinciale della DC. Eravamo forti e solidi come struttura organizzativa. La provincia di Potenza prendeva il 60 per cento ed era fatta da amministratori di grande livello: c’era Colombo, Sanza, Lamorte, Azzarà, Coviello, Scardaccione e altri. Furono loro a decidere di affidarmi il notevole incarico di guida del partito con oltre 120 sezioni e 18.000 iscritti. Ci occupavamo di promuovere convegni e iniziative, corsi di formazione. Molti di quei giovani partecipanti poi sono diventati sindaci, consiglieri regionali, amministratori importanti.
E poi c’è la sua adesione al Partito Popolare…
Nel 1994 la DC finì e nacque il Partito Popolare.
Nel 1999 fui il primo segretario regionale del Partito popolare. Feci una scelta molto forte perché con Luongo, segretario dei DS, e Gianni Pittella, segretario dei laburisti, ho fondato il Centro sinistra in Basilicata. Certo, noi non eravamo la sinistra democristiana, eravamo i dorotei e, in primis, eravamo democristiani. Poi, nell’ambito dei congressi eravamo schierati con Colombo ovviamente.
La sua carriera da Parlamentare e il lavoro. Com’è andata?
Dal 1996 al 2006 ho lavorato per il parlamento italiano. Ecco, da parlamentare ho lavorato molto, più di quanto si immagina. E’ stato un altro grande momento di formazione. Per il Partito Popolare, prima, e poi per la Margherita.
Lei ha lavorato anche sul tema dello spopolamento. Qual é il suo ricordo di allora e cosa le rimane oggi?
Nel 2001 posi la questione dello spopolamento in Basilicata con la legge Realacci/Molinari. Era un mio cruccio, anzi un grande problema che avevo intercettato anticipatamente. Ma, purtroppo, c’è stata una sottovalutazione della “causa” e, anche per questo, i nostri giovani oggi sono costretti ad andare via.
Mi ramane un grande rammarico.
Con la caduta della Prima Repubblica lo scenario politico lucano è cambiato. Cosa rimpiange di quegli anni?
Nella Prima Repubblica non valeva nella maniera più assoluta il principio “uno vale uno”.
Il primo Consiglio regionale includeva professionisti seri, affermati, la cui partecipazione avveniva attraverso il confronto delle idee, che, ovviamente, prevedevano contenuti e competenze. Si cercava la mediazione, ripeto: il confronto serio sul programma. Si costruivano insieme progetti condivisi e, cosa importantissima, le istituzioni erano tenute fuori dalle lotte politiche.
Significa dunque che le istituzioni erano ritenute come un ambito distaccato dalla politica di partito e pertanto anche intoccabili nella loro “sacralità”?
Certo! Significa che le istituzioni erano sacre e che i partiti avevano un ruolo importante per lo sviluppo del territorio. Chiunque sapeva a chi rivolgersi se aveva un problema da risolvere e si riferiva, pertanto, a persone di partito.
Sul piano politico, quali personaggi hanno tentato l’impossibile per realizzare cambiamenti e migliorare le condizioni economiche e sociali in Basilicata?
Sui personaggi lucani… per me sarebbe facile fare un elenco. Ricordo queste persone come persone di qualità eccelse e competenze di alto livello. Ma… ribadisco: aderivano a un partito che li sosteneva e dava loro la forza di fare tutto ciò che hanno fatto. La forza era la condivisione delle idee. I progetti di partito erano la loro forza. Non faccio nomi, si pensi soltanto a quanti orfani abbiamo avuto dopo il crollo dei partiti.
Non per diffondere scoramento, ma come valuta il livello della politica dei tempi attuali (in cui i social hanno soppiantato il modello “romantico” della comunicazione politica, quello classico, fatto di piccoli gesti come: attaccare i manifesti, aprire e chiudere le sezioni, il tesseramento) e cosa propone per recuperare il romanticismo della politica e, quindi, il contatto con le persone?
Oggi la comunicazione è fatta prevalentemente sui social e permette di consolidare in pochi pensieri un concetto. Questo aiuta nella velocità di divulgazione, ma rispetto a ieri non c’è confronto. Oggi si esprime la sensazione, tutto é frutto di pancia e rimane circoscritto al momento.
All’epoca avevamo i convegni, l’ufficio stampa e propaganda, i manifesti da attaccare, i giornali. Noi avevamo il popolo. Oggi basta un tweet. Non c’è approfondimento. Non c’è confronto. Se nella prima Repubblica i politici facevano due interviste l’anno, oggi si fanno cinque dichiarazioni al giorno e alcune volte pur di stare sulla scena si fanno dichiarazioni che lasciano spazio a provocazioni per esaltare la propria persona, il personaggio.
Secondo lei ci vorrebbe un nuovo soggetto politico in Italia?
Sì, ci vorrebbe un grande centro. I moderati sono orfani.
Vede un leader a livello locale in Basilicata?
Purtroppo non vedo nessuno. Prima i partiti erano delle comunità fatte di uomini, donne e giovani, oggi c’è troppo individualismo.
Cosa servirebbe oggi alla Basilicata per superare le emergenze e costruire un futuro migliore…
In Basilicata ci vorrebbe una rivoluzione della classe dirigente: di destra, di sinistra e di centro! L’intera classe dirigente è stata ostaggio di un apparato burocratico…
Ho parlato di spopolamento: bisognerebbe trovare una soluzione non solo per arginare la fuga di cervelli, ma per costruire un futuro migliore creando servizi e sviluppando programmi di industrializzazione per favorire l’occupazione. I giovani sono il futuro… Si pensi a loro.