Poche parole per introdurre la mia rubrica “Basilicata. La storia, la politica, il suo popolo”.
Ritengo che la conoscenza sia una grande risorsa, come anche un’ottima opportunità di crescita, e sono convinta che entrare nelle radici profonde di un territorio, specialmente in quelle del proprio territorio, sia un’esperienza che richiede tempo, sacrificio e dedizione per crescere con consapevolezza.
E’ un po’ come ricostruire l’albero genealogico della propria famiglia perché, in fondo, la Basilicata è una grande famiglia.
La mia rubrica rappresenta il mio impegno per i lettori lucani e non, per questo mi auguro che siate invogliati a leggere le storie che vi propongo con la stessa forza che mi caratterizza e mi induce a divulgare quanto più possibile la bellezza delle radici a cui appartengo. Raccoglierò le testimonianze di quanti hanno concorso a realizzare il quadro politico e la storia della Basilicata, utilizzando al meglio le potenzialità del territorio.
Buona lettura!
Rosita Stella Brienza
______________________________________________________
L’agone politico è l’ambiente ideale per Maurizio Bolognetti che, durante le sue battaglie, parte da fatti concreti per dare speranza e allusione alle possibili rettificazioni, opponendosi con tutto se stesso affinché avvenga la restituzione dei diritti umani. Ogni maestro ha tracciato un solco nel suo cammino. E chi non sa molto di lui troverà quello che cerca attraverso le parole sincere di un uomo che si batte ogni giorno per la democrazia.
La sua esperienza a servizio della Basilicata è maturata attraverso un percorso formativo che le ha consentito di entrare gradualmente sulla scena politica lucana. Quali sono stati i momenti salienti della sua formazione politica e come ha contribuito con il suo impegno allo sviluppo e alla crescita del territorio lucano?
La mia formazione la devo al mio mentore, Marco Pannella, che mi ha sempre fatto fiducia non facendomi mai mancare il suo sostegno. Se poi potessi aggiungere altro, direi che mi accompagnano da sempre gli uomini che nel 1925 diedero vita al “Non mollare”: i fratelli Rosselli, Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini. C’è chi ha parlato di compresenza dei morti e dei viventi. Per me gli uomini che ho citato sono vivi e vivono con me, li porto con me. Senza timore di apparire autoreferenziale, direi che l’azione politica svolta in Basilicata mi ha portato a porre al centro del dibattito politico regionale, e non solo, questioni ecologiste, temi attinenti ai diritti umani. Con un’ambizione: provare ad essere attivatori di democrazia.
Con la caduta della Prima Repubblica lo scenario politico lucano è cambiato. Cosa rimpiange di quegli anni?
E’ cambiato tutto, è cambiato troppo. Verrebbe da dire che c’è stato un eccesso di cambiamento. Manca la politica, manca il ragionamento, manca anche la possibilità di scontri che aiutano a crescere quando sono basati su contenuti, idee. Questa terra ha regalato all’Italia uomini come Francesco Mario Pagano, Francesco Saverio Nitti, Giustino Fortunato e, in tempi più recenti, Emilio Colombo. Oggi il nostro Ministro degli Esteri sembra essere la ruota di scorta di un regime totalitario che incarna un futuro distopico fin troppo presente. Oltre due secoli fa, Pagano parlava di Europa, Giustizia e, in una straordinaria pagina, anticipava i temi dell’overshoot day.
Sul piano politico, quali personaggi hanno tentato l’impossibile per realizzare cambiamenti e migliorare le condizioni economiche e sociali in Basilicata?
In tempi recenti Marcello Pittella avrebbe potuto dare molto. La sua esperienza da Presidente della Giunta è terminata prematuramente a causa di una inchiesta giudiziaria sulla quale credo di aver detto, in assoluta solitudine, molte cose, provando a descrivere un contesto che rende inquieti. Di certo con Marcello sul fronte del diritto alla conoscenza avevamo avviato un percorso importante.
Non per diffondere scoramento, ma come valuta il livello della politica dei tempi attuali (in cui i social hanno soppiantato il modello “romantico” della comunicazione politica, quello classico, fatto di piccoli gesti come: attaccare i manifesti, aprire e chiudere le sezioni, il tesseramento) e cosa propone per recuperare il romanticismo della politica e, quindi, il contatto con le persone?
Una volta in Piazza del Gesù, in quel di Napoli, fummo aggrediti da una squadraccia del PCI. La nostra colpa? Stavamo riprendendoci i nostri spazi. Fui l’unico a non prenderle, perché riuscii a tenere lontano l’energumeno che mi aveva preso di mira usando una scopa che utilizzavamo per stendere la colla. Cosa propongo? Occorre avere il coraggio e la forza di tornare nelle piazze e nelle strade, organizzare dibattiti, non temere l’impopolarità, non inseguire il consenso a tutti i costi e costi quel che costi. Troppi leader usa e getta e poca politica, poca nobiltà della politica.
Cosa serve oggi alla Basilicata per superare le emergenze e costruire un futuro migliore…
Serve innanzitutto una politica che sia al servizio e di servizio; servono infrastrutture, serve forse una lentezza perduta. Penso alla proposta di Gianni e altri per far rivivere vecchie tratte ferroviarie. La Basilicata potrebbe e dovrebbe essere un piccolo laboratorio di un futuro altro e possibile. La terra di un New Deal che oggi può e deve essere un Green New Deal. Matera nel 2019 è stata capitale europea della cultura. Per anni ho ripetuto che la Basilicata tutta deve e può essere capitale dei diritti umani e magari terra in cui si riflette sulla qualità delle nostre democrazie e in cui si discute di quello che da tempo definisco “Capitalismo reale”.