Poche parole per introdurre la mia rubrica “Basilicata. La storia, la politica, il suo popolo”.
Ritengo che la conoscenza sia una grande risorsa, come anche un’ottima opportunità di crescita, e sono convinta che entrare nelle radici profonde di un territorio, specialmente in quelle del proprio territorio, sia un’esperienza che richiede tempo, sacrificio e dedizione per crescere con consapevolezza.
E’ un po’ come ricostruire l’albero genealogico della propria famiglia perché, in fondo, la Basilicata è una grande famiglia.
La mia rubrica rappresenta il mio impegno per i lettori lucani e non, per questo mi auguro che siate invogliati a leggere le storie che vi propongo con la stessa forza che mi caratterizza e mi induce a divulgare quanto più possibile la bellezza delle radici a cui appartengo. Raccoglierò le testimonianze di quanti hanno concorso a realizzare il quadro politico e la storia della Basilicata, utilizzando al meglio le potenzialità del territorio.
Buona lettura!
Rosita Stella Brienza
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CHI SONO I GIOVANI LUCANI? SCOPRIAMOLO INSIEME.
Non è sempre facile intervistare le giovani donne lucane. Sono tante le logiche inibitorie, ma sono fiduciosa e, per questo, incoraggio chi ha bisogno a superare i propri freni, quando possibile, pensando che la loro partecipazione è indispensabile per sciogliere quei nodi che garantiranno un futuro diverso a chi arriverà in Basilicata per viverci.
So bene che le ragazze lucane non mollano e conferma quanto detto l’incontro con Maddalena Labollita, lucana di San Giorgio Lucano, che ha deciso di lasciare il suo prezioso contributo per raccontarsi e raccontare, ritrovando le sue radici. E’ evidente che è la vita a costringere i giovani lucani ad andare via e a uscire dall’uscio di casa per ritornare e ritrovarsi più forti di prima. E del resto anche Omero ci ha indicato la via per crescere perché, a suo dire, “vivere è tornare a casa”.
Chi è Maddalena Labollita? Un breve racconto di se stessa…
Ho 28 anni e provengo da San Giorgio Lucano, un piccolo centro della provincia di Matera che ha la fortuna di far parte della grande comunità del Parco Nazionale del Pollino.
All’età di 19 anni ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Giurisprudenza, presso l’Università degli Studi di Siena, lontana dal calore della mia terra ma stimolata dalla voglia di confrontarmi con abitudini di vita diverse ed imparare a superare quelle barriere culturali che, spesso, all’inizio, possono rendere difficili i rapporti lavorativi e sociali.
Quelle differenze che, quando arrivi in un posto nuovo, non sai mai se ti piacciono o meno mi hanno permesso di crescere con maggiori consapevolezze, senza privarmi, mai, della speranza di poter ritornare, un giorno, in quella terra di cui sono orgogliosamente figlia.
Attualmente vivo a Roma per motivi di lavoro ma il mio impegno nell’organizzazione giovanile del Partito Democratico di Basilicata ed in diverse associazioni lucane fortifica sempre di più il legame con la mia terra d’origine.
Perché i giovani lasciano la Basilicata?
I giovani lucani fatti di sogni, passioni e valori decidono di lasciarsi alle spalle il caldo abbraccio delle proprie origini per andare incontro al loro futuro.
Questo avviene, anzitutto, per l’assenza di opportunità lavorative, dovuta all’endemica carenza di attività produttive.
L’inadeguatezza delle infrastrutture, l’insufficiente rete di servizi e la desertificazione socio-economico-culturale scoraggia, spesso, l’imprenditorialità in Basilicata.
Senza imprenditori non c’è crescita, senza crescita non c’è occupazione e senza lavoro non c’è futuro.
L’emigrazione presenta, però, una doppia faccia: la speranza di un’effettiva prospettiva lavorativa, la voglia di riscatto e, dall’altra parte, la comprensibile paura di rischiare il tutto e per tutto nella bellezza delle nostre realtà, spesso incapaci, purtroppo, di riconoscere l’importanza di creare ambienti più meritocratici ed innovativi.
Cosa offre il suo paese ai giovani?
La Basilicata è una terra meravigliosa, semplice ed autentica, ma è il fattore umano che fa la differenza.
A noi giovani il compito di nutrirla di competenza e partecipazione attiva alla vita comunitaria.
Una qualità di vita migliore e costi minori sono solo alcuni dei vantaggi che, da quando è scoppiata la pandemia, stanno spingendo molti giovani professionisti a tornare nelle loro città d’origine.
Complice anche il fenomeno del south working che sembra, finalmente, concretizzare un’idea di lavoro che non ha limiti di confini e che, seguendo un’inversione di rotta, questa volta, parte proprio dal Sud.
L’esperienza di Matera 2019, Capitale Europea della Cultura, ha inaugurato, poi, quella stagione di riscatto da cui deve partire un progetto di più ampio respiro per proiettarsi nel futuro.
Molti giovani che, in passato, decidevano di realizzarsi altrove sono tornati a casa, favoriti dall’incremento della domanda turistica.
Matera è l’esempio di come la cultura possa essere un fattore decisivo, capace di contrastare il pericolo di inaridimento della nostra Regione.
Cosa manca nel suo paese per migliorare la qualità della vita dei giovani?
Migliorare la qualità di vita dei giovani lucani richiede, anzitutto, una solida alleanza tra le generazioni, nel contesto politico e sociale e nel mondo del lavoro.
Serve innescare un processo di ricostruzione di una nuova stagione di politiche giovanili.
Chi si assume, oggi, la responsabilità di amministrare le realtà lucane lo deve fare con la consapevolezza che bisogna porre soluzioni concrete al fenomeno dello spopolamento che porta con sé conseguenze difficili.
Occorre investire sull’innovazione, sperimentare nuovi approcci che aiutino i giovani a rimanere o tornare, che supportino nuove micro imprese e nuovi modelli di crescita sostenibile.
Spesso, i percorsi di formazione professionale dei giovani si ritrovano in uno scenario regionale in forte ritardo e privo di visioni innovative, soprattutto sui temi che riguardano la partecipazione attiva alla vita comunitaria.
Qual è il suo sogno per la Basilicata?
Sogno che la Basilicata non si rassegni al triste spettacolo del ‘ popolo in fuga’ e sia in grado di attrarre e far ritornare le energie ed i talenti migliori.
La situazione precaria dei giovani è la vera questione Meridionale, la causa più certa della povertà contro cui è urgente porre in essere azioni concrete e strutturali per disincentivare la “fuga dei cervelli” e garantire loro uguali opportunità nella propria patria.
Quando si abbandona il paese d’origine senza una prospettiva di ritorno, non per scelta ma per necessità, allora, si diventa vittima di un’emergenza economica e sociale che si ripercuote negativamente sul potenziale di sviluppo dell’intera regione.
I numeri parlano chiaro e trovare una soluzione concreta non è più procrastinabile.
E’ un atto di giustizia sociale.
Conosce un lucano che ha fatto cose straordinarie per la Basilicata?
A mio avviso, ogni lucano che parte con una valigia carica di dubbi e speranze e torna, dopo brevi o lunghi periodi di lontananza, nella propria terra d’origine, con un bagaglio di esperienza, conoscenze e formazione, compie un atto straordinario per la Basilicata.
Il ritorno dei fuorisede ed il coraggio di chi ha deciso di rimanere sono gli strumenti indispensabili per ridare alla nostra Regione quella forza in più, per pretendere una parità rispetto al Centro-Nord del Paese finora preclusa e creare un nuovo blocco sociale.
Dobbiamo liberarci della convinzione che, ormai, non si possa fare più nulla.
Iniziamo a credere e sperare che, anche nella nostra terra, possano accadere determinate cose.
Crede nella forza dei giovani che continuano a vivere in Basilicata?
Credo fortemente nella forza dei giovani ma ritengo che a crederci debbano essere, soprattutto, gli adulti.
Incontrare i giovani, ascoltare le loro ragioni, imboccare la faticosa strada del confronto per farli avvicinare alla politica ed alle istituzioni.
E’ questo l’impegno che gli adulti devono assumere, con serietà, per creare una relazione tra generazioni che non possono che crescere e far crescere nella reciproca alleanza.
Cosa vi manca più di tutto?
Manca la possibilità di sognare per e nella propria terra. Mettere in pratica le proprie idee per lavorare e vivere nei luoghi d’infanzia e, chissà, un giorno, diventarne anche la futura classe dirigente.
Come si immagina tra dieci anni?
Questa è una domanda che mi pongo frequentemente e, soprattutto, durante gli interminabili viaggi in autobus o in treno di ritorno a casa, in Basilicata.
Non so esattamente dove sarò tra dieci anni ma mi auguro di aver superato numerose sfide personali e professionali e di essere in grado, insieme a tanti miei coetanei, di trasformare il cambiamento in miglioramento, in una società sempre più complessa e che muta continuamente e, forse, anche troppo velocemente.