Poche parole per introdurre la mia rubrica “Basilicata. La storia, la politica, il suo popolo”.
Ritengo che la conoscenza sia una grande risorsa, come anche un’ottima opportunità di crescita, e sono convinta che entrare nelle radici profonde di un territorio, specialmente in quelle del proprio territorio, sia un’esperienza che richiede tempo, sacrificio e dedizione per crescere con consapevolezza.
E’ un po’ come ricostruire l’albero genealogico della propria famiglia perché, in fondo, la Basilicata è una grande famiglia.
La mia rubrica rappresenta il mio impegno per i lettori lucani e non, per questo mi auguro che siate invogliati a leggere le storie che vi propongo con la stessa forza che mi caratterizza e mi induce a divulgare quanto più possibile la bellezza delle radici a cui appartengo. Raccoglierò le testimonianze di quanti hanno concorso a realizzare il quadro politico e la storia della Basilicata, utilizzando al meglio le potenzialità del territorio.
Buona lettura!
Rosita Stella Brienza
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CHI SONO I GIOVANI LUCANI? SCOPRIAMOLO INSIEME.
Ascoltiamo le voci delle ragazze e dei ragazzi lucani. Continuiamo con quella di Domenico Zaccara, di Accettura, che ci parla dagli Stati Uniti d’America, dove vive da poco prima che scoppiasse la pandemia e che, nonostante il periodo durissimo, è riuscito comunque a recuperare quella grinta che contraddistingue la forza di tutti i giovani e che probabilmente a causa di ragioni rilevanti si era leggermente sbiadita.
Guardi, sono uno che si espone poco anche, e soprattutto, per un limite caratteriale dovuto alla mia forte timidezza. Lo faccio maggiormente sui social network, utilizzando a volte anche l’ironia e la provocazione, e molti in paese conoscono solo un lato della mia persona, quella apparente di ragazzo introverso e solitario.
Ma anch’io ho le mie idee, il mio carattere e la mia personalità che nascondo sotto una corazza di protezione per proteggermi dal mondo esterno.
E questa probabilmente è la prima volta che mi espongo così in maniera pubblica, infatti la ringrazio per l’opportunità.
Il punto è che, come me e anche molto più di me, ci sono tante persone, sia giovani che meno giovani, che magari vivono nell’ombra, che non hanno quel lato estroverso che consente loro di mettersi costantemente al centro dell’attenzione. Così ho pensato di guardare oltre e, per diverse ragioni, recentemente mi sono trasferito in America, in una cittadina non lontana da New York. Ma ci tengo a precisare che sono lucano, di Accettura. Credo fortemente nelle mie radici, cuore pulsante della mia essenza e ribadisco con forza che sono quello che sono, nel bene e nel male, perché non rinnego da dove provengo.
Cosa l’ha spinta a trasferirsi negli Stati Uniti?
D’istinto mi verrebbe da direi che l’ho fatto per spiccare il volo, ma ho scelto i sentimenti per colei che è diventata mia moglie. Ho scelto di seguire l’amore.
Lei è siciliana, di Catania. Lavora qui e ha un’ottima posizione lavorativa presso Bank of America. Era emigrata con la famiglia in età adolescenziale, i suoi genitori e i fratelli vivono qui da ormai 25 anni.
Ha mai vissuto lontano da Accettura?
Certo. Ho già vissuto lontano dalla mia terra madre. Sono stato più di dieci anni in Nord Italia, ma sicuramente varcare l’Oceano ti mette di fronte a una sfida più impegnativa con te stesso e con gli affetti lontani.
Senza la spinta di sua moglie avrebbe comunque raggiunto l’America?
Se non ci fosse stata lei non so se avrei avuto il coraggio di lasciare l’Italia e, soprattutto, di venire in America, ma l’amore è il motore della vita e ora che sono qui, guardandomi attorno, spero un giorno in un ritorno insieme in Italia.
Che cosa rappresenta l’America per lei?
L’America non è l’Eden, non é un supereroe senza macchia, ma é molto più umana, ha i suoi limiti, le sue fragilità, le sue risorse e potenzialità.
Dico questo perché troppo spesso si tende a idealizzare il concetto di America, portandolo a volte agli estremi e rischiando anche di rimanere delusi. Per certi aspetti é un paese molto distante dal mio credo ideologico, dai miei valori umani, di coscienza intellettuale, a livello culturale, storico e politico. Ma ciò nonostante ne riconosco i meriti, ne riconosco alcuni aspetti essenziali del suo carisma.
Qual è la sensazione più ricorrente che prova in America rispetto a quello che provava ogni giorno ad Accettura?
Qui, in America, hai la sensazione di avere una possibilità, non importa come vada, ma hai la percezione di avere un’altra chance e ci provi senza cercare alibi in te stesso.
Si può respirare più speranza nel futuro, come accadeva nell’Italia del boom economico, quando le nuove generazioni credevano in degli ideali e c’era aria di cambiamento.
Quindi adesso ha in mano il suo futuro?
Sì, qui molto dipende da se stessi e dalla capacità di saper sfruttare le possibilità offerte.
Questo è un aspetto che mi piace molto, così come un sistema economico e sociale solido, un welfare che sostiene i vari tessuti della società.
Come inquadra Accettura?
Accettura è una piccola realtà di 1700 abitanti dal destino apparentemente segnato. I cittadini hanno bisogno di servizi, infrastrutture, uno spazio Smart e multifunzionale in cui potersi gestire. E tutto questo non può prescindere da una svolta culturale, in particolare coinvolgendo le nuove generazioni. Viviamo in un’epoca in cui il mondo del lavoro sta mutando sempre più velocemente, in cui alcuni parametri socioeconomici si sono invertiti con un processo costante di digitalizzazione.
Ci spiega cosa manca nel paese in cui è nato?
A mio avviso, ad Accettura manca tanto, troppo e in fondo forse niente.
Sembra una contraddizione, un ossimoro letterario, ma in realtà c’è una logica.
Questo perché sicuramente ad Accettura mancano tante cose, ma ci sono altrettante risorse inesplorate e non valorizzate.
In particolare, manca la consapevolezza dei propri mezzi, la conoscenza di se stessi, e anche un po’ di autostima. Manca una visione, il coraggio di fare anche scelte impopolari, di osare, di credere in progetti, fare innovazione, ascoltare e crescere, costruire un percorso, incentivare e incoraggiare i giovani, sostenerli, spronarli e credere nelle loro capacità, qualunque esse siano.
Come guarda al futuro di Accettura?
L’emigrazione non si arresta, i giovani tendono a conquistare nuovi spazi in cui imporre la loro conoscenza e il loro sapere. Il paese in questo modo rimane orfano di giovani competenze. Gli anziani sono la maggioranza del tessuto sociale e, se da un lato sono i custodi fedeli della nostra storia e delle nostre tradizioni, dall’altro senza le nuove generazioni tutto è destinato a morire.
Lei, con i suoi giovani amici di Accettura, ha mai avuto un modello a cui tendere, un esempio di vita che ha contribuito a migliorare le sorti del suo paese?
Le dico con dispiacere che non abbiamo avuto esempi illuminanti nel corso degli anni, e ci portiamo dietro un certo retaggio culturale delle generazioni precedenti che hanno saputo solo speculare e offrire assistenzialismo fine a se stesso senza garantire un’alternativa.
Se invece avessimo avuto una classe dirigente di altro tipo, sia a livello locale che ragionale, con un interesse alla comunità che fosse stato proiettato al futuro in maniera più visionaria già a partire da cinquanta anni fa, forse oggi saremmo in una situazione diversa.
4. Qual è la sua idea di cambiamento da innescare ad Accettura?
Io alcune idee le avrei, e non solo io, ma mi chiedo se sarei ascoltato. Perché a volte è molto forte la sensazione che le parole dei giovani possano cadere nel vuoto, senza che queste si tramutino in azioni concrete.
E allora quali sono queste idee di cambiamento?
Al massimo potrei giocarmele per una futura campagna elettorale…
Ma a parte le battute, sono molto lontano da alcune dinamiche politiche, anzi direi che la politica non faccia per me e non ho le caratteristiche e il carattere per imbattermi in determinate situazioni.
Tra l’altro, vige ancora la regola delle grandi famiglie che indirizzano i risultati elettorali e che in un certo senso hanno il potere decisionale in paese.
In queste dinamiche, purtroppo hanno poco spazio le idee, se non si ha un appoggio forte, in cambio anche di cariche a svariato titolo.
Da giovane accetturese, qual è la priorità per lei?
Sicuramente sarebbe quella di abbattere determinate barriere, e smettere di fare la guerra tra poveri, anche perché ormai non ha senso visto che siamo rimasti in pochi.
Di ragazzi intelligenti ce ne sono, in molti capaci e volenterosi che purtroppo non hanno spazio, e sono ai margini perché poco compresi e senza le amicizie giuste. Recupererei il rapporto con i giovani e comincerei a fare con loro e per loro. Ma le assicuro che non è facile.
Oltre a questo, cambierei prospettiva, inizierei a vedere le cose in un ottica diversa, e ciò che è sempre stato considerato un limite, adesso lo considererei una risorsa.
Perché ad esempio, non si è in grado di valorizzare come si deve il nostro artigianato?
Come mai non si riesce ad esportare in maniera mirata e organizzata i nostri prodotti?
Perché in altre realtà simili alla nostra c’è più iniziativa imprenditoriale e si riesce a trarne un guadagno collettivo?
Perché non si può spingere in maniera seria e articolata sul turismo?, e non mi riferisco alla sagra che fa venire la famiglia del paese vicino.
Ci sono Borghi che hanno costruito tutto il loro successo sul turismo, e perché noi non siamo all’altezza?
Pensa di ritornare a casa un giorno?
In questo momento vivo molto il presente e resto concentrato sul presente, potrei dirle quali sono gli obiettivi e i sogni che riguardano anche la mia Regione, ma come ho già accennato in precedenza concretamente in questo momento faccio fatica ad avere un quadro completo, chiaro e definito.
Sicuramente, per l’amore incondizionato che provo non solo per il mio paese ma per l’intera Regione mi immagino comunque presente, in un modo o nell’altro ritornerò a casa insieme alla mia famiglia.
Se dovesse mandare un messaggio a chi ci legge, quale sarebbe?
Abbiamo la fortuna di essere lucani e di essere nati in una Regione meravigliosa, ma spesso non lo sappiamo, non ce ne rendiamo conto, o addirittura fingiamo di non vedere.
I lucani sottovalutano il territorio di cui fanno parte. Hanno un grande legame sentimentale, ma inconsciamente non si sentono all’altezza anche confrontandosi ad altre regioni vicine. Questo è un grande limite ed errore. Iniziamo a conoscerci di più, ad apprezzarci, ad amarci e a far crescere un forte senso di appartenenza e orgoglio, perché il segreto è tutto lì.
Smettiamola di essere apatici, i lucani sembrano farsi scivolare tutto addosso, ma non siamo più la Lucania di 100 anni fa, oggi i ragazzi studiano e si laureano, hanno un’arma molto importante che è il sapere.
Abbiamo tanto da poter dire, siamo stati zitti per troppo tempo.