“La storia della nostra terra” è la nuova rubrica su questo portale, una serie di articoli a cura dello storico e Avvocato Antonio V. Boccia che ci accompagna in un percorso di scoperta storica della Basilicata. Buona lettura!
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Chiamato dal Papa, al fine di contrastare la potenza ghibellina degli Staufen, l’esercito del casato di Carlo d’Angiò (secondogenito del re di Francia) cala in Italia meridionale alla metà del tredicesimo secolo. Lo scontro decisivo tra le forze sveve e quelle angioine avviene nei pressi di Benevento: subirà una sconfitta decisiva a Granella, nell’anno 1266, il luogotenente del regno Manfredi, figlio naturale di Federico ll, il quale peraltro era lucano di nascita (secondo alcune fonti, era nato a San Gervasio, mentre secondo altre era nato a Venosa). Questa battaglia apre quindi le porte del reame ai francesi. La vittoria definitiva del 1268 arride sempre agli angioini, nello scontro finale con Corradino, il nipote di Manfredi ed ultimo degli Svevi, che era venuto a rivendicare il regno. Da allora in poi la capitale verrà definitamente spostata da Palermo a Napoli e si susseguirà l’arrivo dei feudatari francesi in molte contee -anche in Basilicata- i quali andranno a sostituire quelli di fedeltà sveva.
Guglielmo de la Lànde, con Carlo d’Angiò, diviene il primo giustiziere angioino per la Basilicata, cui seguono Beltrando de la Baume, quindi Guido di Vaugrignesse, poi Ponzio de Blanquefrt e, infine Giovanni de Molieus. Solo nel 1301, dopo quasi quarant’anni, sarà finalmente nominato un giustiziere ‘italiano’, ossia Gualtiero di Lamia.
Poco più di ottantamila sono gli abitanti della Provincia di Basilicata (o, meglio, del Giustizierato) per come risulta dal cedolario angioino. Durante il secolo di dominio angioino sono ancora circa centoquaranta i centri lucani maggiori, ed una trentina i casali minori. Converrà, dunque, elencare i primi per effettuare una ricostruzione geopolitica e fisica della regione in quell’epoca: si tratta di Abriola, Aliano, Anglona, Anzia, Appio, Armaterra, Avena, Avigliano, Atella, Banzia, Baragiano Barile, San Gervasio, Ruvo, Cirigliano, Accettura, Lago Pensole, Rodia, Melfi, Potenza, Oppido, Trivigno, Casalaspro, Albano, Corneto, Arioso, Boreano, Brienza, Calvello, Castel De Grande, Labella, Bel Monte, Brundisium, Calavra, Cancellara, Sant’Andre, Castellutium, Castro Mediano, Castro Saraceno, Castro Novo, Cursosinum, Castel Bellotto, Cervaricium, Clarus Mons, Colobrarum, Episcopia, Forencia, Gallucium, Genzano, Gorgoglione, Criptole, Guardia, Monte Peloso, Lacus Niger, Lauria, Favale, Andriace, Pietrafesa, Tricarico, Montemurro, Armento, Acerentia, Turris maris, San Fele, Murum , Uggiano, Oliveto, Papasidero, Torre Perticara, Petra Perciata, Petra de Acina, Picirnum, Vignola, Platanum, Prisinace, Pomarico, Montescaglioso, Garaguso, Craco, Calciano, Camarda, San Chirico al Raparo, Monteserico, Laurenciana, Lauro Sellum, Marsicum Vetus, Marsicum Novum, Carbone, Millonicum, Moliternum, Misanellum, Montalbano, Monticulum, Maratia, Layno, Rocca Imperiale, Nocara, Petra Pagana, Rapone, Rapolla Roti, Salandra, Petragalla, Tricclina, Gaudiano, Noja, Castronuovo Latronico, Rivellum, Rivus Niger, San Martino De Pauperibus, Rocca nova, Rotunda Vallis Laini, Santus Quiricus de Tulbia, Santus Iulianus, Sanctus Maurus, Sanctus Arcangelus, Saponaria, Sarocunum, Petra Castalda, Satrianum, Scanzana, Sinisium, Spinactiola, Astilianum, Tianum, Titum, Tolve, Tramutola, Trisagia, Trivigno, Tufaria, Tursium, Balium, Venusium, Bianum, Bianellum, Acromonte, Genzano, Montemarcone, San Basilio, Rotunda Maris, Pistici. Tutti questi centri maggiori in pratica verranno infeudati a nobili francesi, prevalentemente di origine provenzale.
Peraltro, è da dire che dal 1268 in poi si era registrata nella regione una insurrezione filo-ghibellina, scoppiata su iniziativa della corrente ghibellina fautrice di Corradino: Carlo d’Angiò ordina perciò il saccheggio delle città di Lavello, Venosa, Spinazzola, Vitalba, Minervino e Montemilone. Moltissime sono le devastazioni, in questo biennio, che copre tutto il 1270. Anche Potenza si riduce a un casale quasi disabitato. I capi della rivolta, i cosiddetti ‘proditores’ -che sono citati nei registri della cancelleria angioina- vengono portati a Melfi, dove sono torturati ed impiccati. Poi i loro corpi vengono buttati dalle mura della città e lasciati insepolti.
Inoltre, dobbiamo osservare che la tassazione introdotta dagli Angiò diverrà nel tempo sempre più elevata, ed il regime fiscale diventa così pressante ed opprimente per i lucani che scompaiono vari centri abitati, a causa del loro progressivo abbandono, proprio a causa dell’eccessivo carico fiscale, e le campagne si spopolano nuovamente, come già era accaduto seicento anni prima. Nello specifico, sul finire del quattordicesimo secolo, cioè al termine della fase angioina, in Basilicata risultano essere disabitati, oltre ai casali minori, i seguenti insediamenti (molti dei quali erano sorti con i bizantini): Avenella, Archistratico, Battafarano, Buldo, Ceramida, Cognato, Cuccaro, Faraco, Francolo, Gannano, Guardiola, Iliceto, Mallano, Murro, Passananti, Pulsandra, Revisco, San Salvatore sul Nuce, Sant’Anastasio, Santa Sofia, Tuclano, Vitalba.
Ricordiamo che nel 1273 un terribile terremoto aveva distrutto Santa Sofia, Revisco e Potenza. I primi due centri non risorgeranno più e la popolazione di essi contribuirà alla crescita della città di Potenza che, come abbiamo visto, era stata pesantemente colpita dal pugno di ferro degli Angiò. Invece la città di Matera si trova già in Terra d’Otranto, dove rimarrà per oltre quattro secoli, così come alcuni comuni -Papasidero, Nocara e Laino- finiranno in Calabria.
In conclusione, la Basilicata -in cui era apparsa da un paio di secoli una borghesia cittadina e che, fino agli svevi, sembrava destinata ad assumere una posizione di primo piano all’interno del regno- dopo i disastri che riguardano la trasformazione del territorio regionale, sfruttato e messo a dura prova durante l’amministrazione angioina, presenterà purtroppo una serie di aspetti negativi, rispetto alle precedenti fasi storiche: fra tutti, un generale regresso delle condizioni economiche e -con l’impoverimento complessivo, a causa del declino dell’ artigianato, del commercio e dell’agricoltura- il conseguente spopolamento di vari centri abitati, alcuni dei quali verranno abbandonati e non risorgeranno più.