Intervento tenuto in data 19 dicembre 1996 (seduta N. 119) “Seguito della discussione del disegno di legge di conversione del DL 551/96 per il Giubileo del 2000 (A.C. 2533) (Seguito della discussione sulle linee generali; deliberazione di chiusura della discussione; repliche del relatore e del Governo; esame articoli). – Discussione del disegno di legge di conversione del DL 548/96 recante interventi per le aree depresse (A.C. 2810, approvato dal Senato) (Discussione sulle linee generali; esame articoli). – Discussione del disegno di legge di conversione del DL 535/96 per i settori portuale, marittimo, cantieristico e armatoriale (A.C. 2516) (Discussione sulle linee generali; replica del Governo; esame articoli). – Discussione del disegno di legge di conversione del DL 554/96 sulle Forze armate impiegate in funzioni di controllo in Sicilia (A.C. 2534) (Discussione sulle linee generali; replica del Governo; esame articoli).”
“GIOVANNI PITTELLA. I fatti si costruiscono anche con le parole…
PRESIDENTE. Questa è vecchia.
GIOVANNI PITTELLA. Chiedo alla Presidenza di essere autorizzato alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo di alcune mie considerazioni. Per il momento mi limito a lasciare tre messaggi al Governo. Vedo che il sottosegretario Sales sta prendendo appunti…
PRESIDENTE. Sì, e la cosa mi preoccupa molto.
GIOVANNI PITTELLA. La prima questione riguarda la semplificazione degli strumenti, cioè patti territoriali, contratti d’area e quant’altro perché siamo nella babele e dobbiamo darci una “dritta”, nonché l’applicazione ai meccanismi delle procedure dei contratti d’area anche nei patti territoriali.
La seconda questione tocca il punto di raccordo e di coordinamento delle politiche di promozione del lavoro nel sud, nelle aree depresse nell’ambito del Governo. Credo che sia sotto gli occhi di tutti il fatto che non vi sia una regia di queste politiche nell’ambito del Governo.
Infine, le dotazioni infrastrutturali. Quelle del sud segnano un severissimo saldo negativo. Cito solo tre punti: alta velocità, Salerno-Reggio Calabria e cablaggio (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l’Ulivo).
GIOVANNI PITTELLA. Poiché ho presentato, assieme al collega Boccia e ad altri colleghi, un ordine del giorno nel quale sono stati trasfusi i contenuti del mio emendamento 6.4, confidando nell’accoglimento da parte del Governo di questo ordine del giorno, accolgo l’invito al ritiro del mio emendamento.”
“CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DEL DEPUTATO GIOVANNI PITTELLA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2810.
GIOVANNI PITTELLA. La discussione su questo decreto-legge non può essere un atto formale con cui si salvano gli effetti dei decreti-legge n. 228 e n. 344 del 1996, decaduti per mancata conversione nei termini costituzionali.
Le implicazioni politiche delle previsioni in esso contenute, infatti, sono tutte dentro un ragionamento, un confronto, un dibattito sul Mezzogiorno e, più in generale, sulle aree depresse del nostro paese, che non ha ancora trovato il momento del decollo e la sede giusta, che è quella del Parlamento.
In pochi anni (la legge n. 64 era del 1986) siamo passati dall’intervento straordinario all’intervento ordinario, o per meglio dire, dall’intervento straordinario ad una serie di norme che hanno carattere di ordinarietà, ma il tempo è stato così veloce e i cambiamenti così frenetici e profondi da impedire un assetto legislativo e un corpus di strumenti davvero organici.
Diciamolo con franchezza: sotto il cielo non c’è il vecchio, ma non c’è neppure il nuovo. Ci sono sperimentazioni, prove di nuovo. E in qualche caso c’è una somma e una sovrapposizione di interventi e di strumenti che generano confusione, disorientamento. Non c’è né regia politica, né un punto stabile di raccordo nel Governo, né una definizione puntuale in ordine agli strumenti.
Siamo partiti con la legge n. 488 del 1992 (buona legge che oggi giustamente andiamo a rifinanziare) e con il decreto legislativo n. 96 del 1993 e non v’è chi non veda come la nuova disciplina abbia incontrato notevoli difficoltà nella fase attuativa, con un quadro informativo incompleto delle domande di agevolazioni presentate e delle risorse finanziarie disponibili, e sia stata caratterizzata da forti ritardi nell’emanazione dei previsti regolamenti, e dell’intersecazione di responsabilità e competenze.
Siamo passati attraverso il decreto-legge n. 32 del 1995 che ha definito la nozione normativa degli istituti di programmazione negoziata, accordo, contratto e intesa di programma, a cui si è aggiunta con il decreto-legge n. 244 del 1995, la cabina di regia e i patti territoriali; oggi il Governo introduce, nel provvedimento di attuazione del patto per il lavoro, un nuovo strumento: il contratto d’area.
Abbiamo dunque un quadro di strumenti assai variegato: programmazione negoziata, intesa di programma, accordo di programma quadro, patto territoriale, contratto di programma, contratto d’area; abbiamo una molteplicità di interventi legislativi sul versante della promozione del lavoro (non parlo solo delle agevolazioni industriali della legge n. 488); abbiamo un potere di coordinamento attribuito al Ministero del bilancio e della programmazione economica, cui non fa
seguito un reale conferimento di ruoli di regia di tutti gli interventi di promozione del lavoro nel sud e nelle aree depresse; abbiamo bisticci istituzionali sul versante delle autonomie locali. Si pensi solo alla gestione della risorsa idrica su cui agisce la Sogesid esorbitando dalle sue funzioni di accompagnamento delle regioni, e lambendo il terreno improponibile di una nuova Cassa per il Mezzogiorno, riveduta e corretta.
Quando si punta l’indice contro le regioni e il sistema delle autonomie per la scarsa capacità di spesa delle risorse europee (con le dovute eccezioni) sarebbe bene riflettere e domandarsi se una parte di responsabilità, non assolutoria per gli altri, sia anche nostra, di un potere centrale che non affronta in senso compiuto l’opera di «disboscamento» delle norme e degli strumenti.
Credo che il Governo debba assumere due impegni essenziali. Il primo consiste nella semplificazione e qualificazione degli interventi. Noi riteniamo che non v’è contraddizione tra patti territoriali e contratti d’area e che il meccanismo accelerativo dei contratti d’area può essere applicato anche per i patti territoriali. Bene! Ma allora diamo un assetto chiaro e consentiamo una lettura semplice, nonché un utilizzo efficace della strumentazione che abbiamo messo in campo, applicando anche ai patti territoriali i meccanismi dei contratti d’area.
Occorre poi un punto di coordinamento, una vera regia all’interno del Governo che riguardi non solo le politiche per le aree depresse che, com’è noto, non sono solo quelle meridionali, ma tutte le politiche di promozione del lavoro.
Se davvero, come noi sosteniamo, si aprirà la fase «due» dell’attività di Governo, e si porrà mano all’opera di trasformazione dello Stato sociale e ad incisivi interventi per creare nuova occupazione, non v’è dubbio che dovrà esistere un centro motore (potrà essere presso il Ministero del bilancio e della programmazione economica o presso il Ministero del lavoro che è via via diventato più il Ministero della previdenza che del lavoro, potrà essere altrove) ma un punto di avvio, di coordinamento e di raccordo, dovrà esistere.
Concludo il mio intervento con un passaggio sulle dotazioni infrastrutturali del Mezzogiorno e sul credito.
Io credo che il salto di qualità attuale delle comunità meridionali e delle loro classi dirigenti, di mentalità, di approcci nei confronti dello Stato, dell’assunzione del principio di responsabilità che è inseparabile da quello di autogoverno, sia già sotto gli occhi di tutti.
Oggi il sud non chiede né elemosina né assistenza. Chiede di correre la sua gara su un terreno di parità, sul piano infrastrutturale.
Insomma, non si dirà che sul versante delle reti autostradali, dell’alta velocità, del cablaggio, le politiche ordinarie hanno guardato a tutto il paese!
Che cosa aspetta il ministro dei lavori pubblici a far partire l’ampliamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria? Perché non vadano avanti i progetti sull’alta velocità e perché i programmi di cablaggio debbano toccare solo in una seconda fase il territorio e le città del sud, è tutto da spiegare.
Concludo soffermandomi sul credito. Come tale questione sia centrale lo dimostra una contraddizione apparentemente senza via d’uscita: da un lato, il sistema finanziario meridionale è in crisi, una crisi forse ancora più grave di quella dell’economia e delle imprese, dall’altro qualsiasi politica nuova di rilancio dell’economia del sud non può che basarsi sulle banche, e, in genere, sul sistema finanziario e bancario come soggetti di sviluppo.
Tutti i provvedimenti del Governo in favore dello sviluppo delle aree depresse, dal Fondo di garanzia, alla legge n. 488, alle sovvenzioni globali, prevedono un ruolo determinante del sistema bancario.
Ma sono in grado le attuali banche meridionali di assolvere a questo ruolo? E non sarebbe utile pensare ad esperienze come quelle francesi, di banche locali diffuse, banche del territorio che siamo partner privilegiati di enti locali e sistema produttivo, nella gestione delle azioni per lo sviluppo?
Vi è dunque un triplice ordine di problemi che spero questa discussione possa affrontare o quanto meno iniziare a farlo: semplificazione degli strumenti, punto di coordinamento e di regia, dotazione infrastrutturale e credito.
Su tali tre questioni il Governo sono certo darà risposte rassicuranti.”
Visualizza qui l’intervento del deputato Pittella https://storia.camera.it/video/19961219-aula-seduta-119#nav